Teheran, molotov contro le ambasciate europee

Teheran, molotov contro le ambasciate europee

Fausto Biloslavo

Un’altra giornata di assalti alle ambasciate occidentali, questa volta a Teheran, e gravi incidenti con morti e feriti in Afghanistan e Somalia: è il bilancio dell’ira islamica contro le vignette su Maometto pubblicate dai giornali europei.
Nella capitale iraniana almeno 200 manifestanti hanno preso d’assalto prima l’ambasciata austriaca, lanciando pietre e bombe molotov, una delle quali ha centrato il portone d’ingresso, al grido di «Allah o akbar» (Dio è grande) e «Europa, Europa vergogna». L’Austria ha la presidenza di turno dell’Unione Europea, e per questo è stata colpita. Gli agenti che presidiavano l’edificio sono intervenuti per evitare un’irruzione. La manifestazione era stata organizzata dai Basji, i giovani volontari della rivoluzione islamica. Un corpo paramilitare controllato dai Pasdaran, i Guardiani della rivoluzione di Khomeini, dai quali proviene il nuovo presidente oltranzista iraniano Mahmoud Ahmadinejad.
Qualche ora dopo il primo assalto la folla si è ingrossata e 400 facinorosi hanno preso di mira l’ambasciata danese. Almeno una ventina di molotov e una valanga di sassi sono stati lanciati contro la rappresentanza diplomatica. Gli agenti hanno sparato lacrimogeni per evitare il peggio, ma un centinaio di estremisti ha sfondato i cancelli ed è entrato nell’ambasciata, devastando il primo piano, mentre la folla gridava slogan come «Morte alla Danimarca».
Il ministro del Commercio iraniano ha nel frattempo ordinato l’immediata sospensione degli scambi commerciali con la Danimarca. Le minacce di ritorsione riguardano anche l’Italia. L’agenzia di stampa Fars, vicina al presidente, ha attaccato la Fiat e La Stampa, rea di aver pubblicato alcune delle vignette incriminate. «Se la Fiat continuerà in questa sua politica anti-iraniana - avverte l’agenzia di stampa - non escludiamo una campagna di boicottaggio delle automobili italiane, non solo in Iran, ma anche nel resto del mondo islamico».
Purtroppo è corso il sangue in Afghanistan, dove alcune manifestazioni di protesta si sono trasformate in battaglia con le forze di sicurezza provocando un numero ancora incerto di vittime. Si parla di almeno cinque morti e diversi feriti.
Una seconda manifestazione è degenerata più a nord, vicino alla grande base americana di Bagram. Era partita pacificamente, ma quando la folla di 300 persone si è avvicinata ai cancelli della base, un afghano è stato ucciso da un soldato americano di guardia mentre cercava di entrare nell’area proibita. Secondo la Bbc i morti sarebbero due. Nel porto somalo di Bosaso è stato ucciso dalla polizia un manifestante di 14 anni e altre tre persone sono rimaste ferite. Gli agenti hanno aperto il fuoco per respingere l’assalto agli uffici di alcune agenzie umanitarie internazionali.
Una pattuglia di soldati danesi, che sabato stava soccorrendo dei bambini coinvolti in un incidente automobilistico, è stata presa a fucilate nell’Irak meridionale. Nei giorni scorsi alcuni gruppi terroristici iracheni, come l’Esercito islamico, legato ad Al Qaida, avevano annunciato di voler «rapire i danesi e tagliarli in tanti pezzi quanti sono i giornali che hanno pubblicato le oltraggiose immagini del Profeta». Il ministro dei Trasporti di Bagdad, Salam al Maliki, legato agli estremisti sciiti, ha annullato tutti i contratti firmati con la Danimarca.
Le proteste si espandono anche in Asia, a cominciare dall’Indonesia, dove la polizia ha sparato in aria per disperdere un corteo che voleva assaltare il consolato danese a Surabaya, la seconda città del Paese.


E dopo i gravi disordini in Siria dove è stata incendiata l’ambasciata danese, ieri sera a Porta a Porta il ministro degli Esteri Gianfranco Fini ha puntato il dito contro le autorità di Damasco: «Credo che la Siria oggi rappresenti oggettivamente un pericolo. Mi rifiuto di pensare che in un Paese come quello gli episodi di violenza non siano in qualche modo tollerati dalle autorità».

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