Teheran Turisti o spie? Giallo sugli americani arrestati al confine

Ha ormai le caratteristiche di un giallo l’arresto di tre americani, due uomini e una donna, forse militari «infiltrati», forse semplici turisti imprudenti, sconfinati dal Kurdistan iracheno e bloccati dalle forze di sicurezza iraniane. La notizia era stata annunciata l’altro ieri da fonti irachene e ieri è stata confermata da media ufficiali iraniani. La tv di Stato di Teheran, senza citare fonti, ha detto che «tre militari americani» sono dati per «dispersi» sul confine, precisando che «i motivi della loro presenza non sono noti». In seguito Al Alam, emittente pubblica in lingua araba, ha riferito che «Una fonte informata iraniana ha confermato l’arresto di tre americani infiltratisi dal confine iracheno».
E mentre l’ambasciata Usa prende tempo, il Pentagono smentisce che militari americani siano implicati nella vicenda e il Dipartimento di stato a Washington fa sapere di star esaminando la questione «molto seriamente». «Stiamo usando tutti i mezzi disponibili per stabilire i fatti», ha riferito la portavoce Megan Mattson. Una ricostruzione possibile dei fatti arriva dal Kurdistan iracheno. I tre si chiamano Joshua Steel, Shane Bower e Sara Short e sono arrivati mercoledì per turismo nella città curda di Suleimaniya, a nord-est di Bagdad, da Arbil, in Iraq. Un impiegato dell’hotel Miwan di Suleimaniya ha raccontato di aver scritto sul registro i loro nomi, accompagnando ognuno con l’epiteto «turista». Un quarto membro del gruppo, Gabriel Maxwell, 36 anni, ha deciso di rimanere in albergo a Suleimaniya perché si era ammalato. Il giorno dopo l’arrivo, i tre si sono recati in taxi nella stazione turistica di Ahmad Awa, 95 chilometri a nord-est di Suleimaniya, nota per le sue cascate. La polizia aveva consigliato loro di non avventurarsi sulle montagne della regione in quanto la frontiera con l’Iran è molto vicina e non ben delineata. Ma i tre avrebbero ignorato l’avvertimento e hanno proseguito la marcia sconfinando così nel territorio iraniano.


Ora resta da vedere se la Repubblica islamica, in cronico stato di tensione con le potenze occidentali per il suo programma nucleare, scossa dalle proteste successive alle elezioni di giugno, intenderà giocare la carta dei tre misteriosi arresti.

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