Telecom, la Fiat e i sindacati uniti Ma «una tantum»

Due anni di pace sociale alla Telecom, un autunno bollente per la Fiat. L’accordo raggiunto dopo 24 ore di negoziati tra l’azienda guidata da Franco Bernabè e i sindacali delle Tlc (attivazione per 3.900 dipendenti di una mobilità ordinaria su base volontaria nel biennio 2010-2012 e percorsi di formazione con contratti di solidarietà per altri 2.200) fa capire, come ha commentato Emilio Miceli, segretario generale della Slc-Cgil, che «è possibile gestire situazioni difficili con equilibrio e senza ricorrere a licenziamenti». Il paragone con le vicende Fiat di questi giorni è sicuramente arduo, in quanto la trattativa su Pomigliano è fondata su ragioni diverse e va a toccare punti molto sensibili, come la permanenza produttiva del gruppo in Italia e i rapporti del Lingotto con la Confindustria. È chiaro a tutti, però, come nella vertenza Telecom i sindacati abbiano affrontato la difficile vertenza con la necessaria compattezza allo scopo di pervenire al risultato auspicato nell’interesse dei lavoratori: la sottoscrizione dell’accordo.
«La forte tenuta unitaria del sindacato è stata fondamentale per l’esito raggiunto», ha commentato in proposito il segretario confederale della Cgil, Fabrizio Solari. È lo stesso sindacato, questo, il cui braccio metalmeccanico, la Fiom, continua a pensare e a operare come se si trovasse sul set di un film di vent’anni fa. La differenza tra la Fiom-Cgil e la Slc-Cgil è che il primo continua a essere schiavo delle ideologie e fortemente influenzato da quello che è rimasto delle frange estremiste della sinistra; il secondo, invece, fa il suo lavoro, quello cioè del sindacato che guarda unicamente agli interessi dei suoi iscritti. Difficile, comunque, non richiamare le vicende Fiat.

E lo fa lo stesso Miceli (Slc-Cgil): «Questo accordo - dice, lanciando un messaggio trasversale - è anche una sfida dell’impresa italiana che vuole mantenere, in un quadro competitivo non minore di quello dell’auto, piedi e testa in Italia. Bisognerebbe guardare con maggiore curiosità e attenzione a questo accordo. Di mezzo c’è un pezzo della cultura e delle relazioni industriali di questo Paese».

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