Telecom, Mediobanca mette i suoi paletti

da Milano

Mediobanca si prepara all’avvento dell’era di Telecom Italia. Nelle vesti rinnovate dalla nuova governance «duale» e in attesa del riassetto tra i soci indotto dalla fusione di Unicredit con Capitalia, la banca d’affari milanese ha ieri presentato il suo bilancio annuale, ricco di 953 milioni di utile netto (in crescita dell’11% e superiore all’obiettivo annuale di 750 milioni previsto dal piano 2005-2008). Ma per l’amministratore delegato Alberto Nagel è stata soprattutto l’occasione per precisare alcuni concetti nient’affatto scontati sul ruolo dei nuovi grandi azionisti di Telecom che, come noto, saranno, oltre a Mediobanca, Intesa, Generali, Benetton e Telefonica, uniti in Telco.
«Abbiamo promosso il consorzio - ha detto Nagel - che è arrivato a un accordo con Pirelli come soluzione ponte per traghettare Telecom a una nuova governance adatta ad una public company. Quando l’operazione sarà chiusa collaboreremo con gli altri soci per una governance che preveda un consiglio indipendente e responsabile per le strategie e privo di vincoli strategici o finanziari da parte di soci grandi o piccoli». Parole ricche di segnali sia - evidentemente - rispetto all’assetto attuale del cda di Telecom, sia verso gli altri soci di Telco (Intesa Sanpaolo prima di tutto), ora «avvertiti» da Mediobanca di quale sia il progetto per Telecom.
Nagel ha parlato anche di una Mediobanca più attiva sul mercato, pronta a cogliere opportunità di crescita. In questo senso è arrivata la richiesta di un buy back (acquisto di azioni proprie) del 2%, che verrà autorizzato dalla prossima assemblea del 27 ottobre. Un’operazione funzionale «anche allo scopo di dotare Mediobanca di un importante strumento di flessibilità strategica ed operativa, che permetta di poter disporre delle azioni proprie acquisite nell’ambito di eventuali operazioni di acquisizioni/alleanze». Nagel ha inoltre indicato in 2-2,2 miliardi il free capital di Mediobanca, aggiungendo di essere «ancora interessato al settore del private banking» e di pensare che «in prospettiva ci saranno più opportunità perchè c’è un approccio conservativo».
Il prossimo passo, quello che riguarda la cessione sul mercato del 9,4% di Mediobanca da parte di Unicredit (curata da Piazzetta Cuccia nell’ambito degli obblighi connessi alla fusione con Capitalia) la giornata di ieri ha fornito qualche indicazione in più. Intanto quella che un 2% è prenotato dal gruppo dei soci francesi, oggi fermi al 9%, pronti a salire all’11%. Lo ha confermato Tarek Ben Ammar al termine del consiglio di sorveglianza. Precisando inoltre che nella riunione del 10 ottobre l’argomento sarà messo all’ordine del giorno. Nella presentazione dei conti, tra l’altro si legge che la quota di Unicredit sarà collocata a «attuali/nuovi» membri del patto di sindacato. Resta da capire chi entrerà da fuori, e se tra gli attuali soci Mediolanum potrà o meno crescere. La recente sentenza dell’Antitrust sembra escluderla, in quanto società partecipata da Mediobanca. Ma la quota detenuta nel capitale, in quanto inferiore al 2%, potrebbe garantire l’esenzione dal diktat dell’Authority.
Il consiglio di gestione, presieduto da Renato Pagliaro, aveva in precedenza approvato il bilancio annuale (al 30 giugno) caratterizzato da un brillante andamento di tutte le dinamiche.

Tanto da rendere difficile il bis: l’utile netto 2008 è previsto inferiore al 2007. Benché sempre superiore agli obiettivi, dunque compreso tra 750 (il piano) e i 950 di quest’anno. Il piano sarà aggiornato nel marzo prossimo.

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