Roma - Chi lo conosce bene, sa che nei momenti di tensione Romano Prodi subisce una trasformazione caratteriale che finisce per trasmettersi sul fisico: si chiude in se stesso, muscoli del collo sempre in tensione, risposte a monosillabi; continuamente assorto in altri pensieri. Ed è esattamente questo tipo di trasformazione che hanno percepito i pochi ministri che, a margine della riunione di governo, hanno provato a chiedergli informazioni su Telecom. Formalmente l’argomento non è stato affrontato nel consiglio dei ministri; e di questo Di Pietro se ne dispiace e chiede una riforma della Legge Draghi. Ma nei corridoi del primo piano di Palazzo Chigi, qualcuno prova ad avvicinarlo «per uno scambio di vedute», come riferito da Vannino Chiti.
Ai pochi interlocutori il presidente del Consiglio è apparso «molto cauto, prudente, preoccupato di commettere errori». In una parola, «concentrato». Soprattutto a studiare come poter uscire dall’angolo. La visita a Palazzo Chigi di Ronald Spogli deve aver lasciato il segno. Formalmente l’ambasciata americana a Roma ha precisato che nell’incontro «non si è parlato della vicenda At&t-America Movil e Olimpia-Telecom». L’amministrazione americana non può parlare di aziende quotate con il presidente del Consiglio di un Paese G8. Dopo quell’incontro, però, l’atteggiamento di Prodi è cambiato; e da battagliero che era, è diventato più cauto. «Questa non è una partita che finisce domani», avrebbe confidato il premier ai suoi interlocutori. Alla base della trasformazione la scelta di applicare sulla vicenda Telecom la strategia dei «due forni».
Da una parte (ed in modo segreto) fa capire a Guido Rossi di sostenere la creazione di un pool di banche destinato a sostituire gli americani nell’offerta su Olimpia; pool destinato poi ad essere affiancato da uno o più partner industriali europei: da qui le voci su coinvolgimenti di Deutsche Telekom, di France Télécom e di Telefonica. Incidentalmente tre compagnie telefoniche di altrettanti paesi con una limitata partecipazione alle missioni Nato.
Dall’altra, si è reso conto o «qualcuno» lo ha informato (e con lui, i Ds) che l’offerta di At&t è «seria»; quindi, diventa più difficile ostacolarla. Pertanto - dev’essere il ragionamento che affolla i pensieri del premier in queste ore - è più ragionevole trovare delle «vie di fuga»; soluzioni che possano mascherare una sconfitta. E quale soluzione migliore del silenzio può annacquare le posizioni? Eppoi «non è una partita che finisce domani».
Già, la partita non finisce che fra un mese. E solo a quel punto sarà possibile capire chi vincerà. Quindi, perché continuare a fare la faccia dura agli americani: dev’essere stato il ragionamento del presidente del Consiglio. Per di più, dopo che dalla sponda Telecom arrivano tiepidi segnali di abbassare la tensione. Il primo ed il più importante, l’indicazione di Pasquale Pistorio nel consiglio di amministrazione di Telecom da parte di Olimpia. Al di là delle simpatie politiche per l’Unione, il vice presidente della Confindustria ha stretti rapporti con Alessandro Ovi: vero consulente di Prodi nelle telecomunicazioni, oltre a essere amico personale dai tempi dell’Iri.
Un altro segnale arriva da Intesa. La banca di Bazoli e Passera sta cercando di fare da ponte fra Prodi e Tronchetti. Da una parte aderisce al pool di banche pronte a rilevare Olimpia con la partecipazione di un partner industriale europeo. Dall’altra, conscia com’è che l’offerta degli americani e messicani «è seria», prova a non uscire completamente dal probabile assetto futuro.
Insomma, a prescindere da quanto si sono detti ufficialmente Spogli e Prodi, resta un fatto: dopo quell’incontro, l’atteggiamento del premier sembra cambiato. Ed i primi testimoni di questa trasformazione sono i suoi colleghi di governo.
Fra questi, non c’è Massimo D’Alema. Il ministro degli Esteri non avrebbe scambiato battute su Telecom a margine del consiglio dei ministri con il premier. La linea del silenzio l’ha adottata da tempo. E senza incontrare Spogli.
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