da Roma
Nei giorni di tempesta, in tutti i venerdì che in questi anni hanno seguito i roventi giovedì notte delle sue trasmissioni, lui si è sempre comportato allo stesso modo: una sveglia presto per leggere i giornali, e godersi, come diceva Enzo Jannacci, Leffetto che fa. Poi un occhio alle agenzie, un breafing con i collaboratori, e poi a casa presto, per non rovinarsi la giornata. Ieri, di prima mattina, con il telefono già incandescente, Michele Santoro non faceva eccezione e ripeteva quasi serafico: «No, non farò commenti, non mi pare necessario».
Poi, nel primo pomeriggio londa lunga dellinformazione si gonfiava oltre ogni previsione, a livelli da record, roba da far impallidire quella volta del «cuoco Michele». Sul Corsera in edicola cera già un Clemente Mastella ad alto voltaggio che lo gratificava con lappellativo di membro onorario del «Ku-klux-klan dellinformazione». E di prima mattina, poi, il ministro aveva invaso le agenzie con dichiarazioni di fuoco della sua improvvisata conferenza stampa: sfiducia del Cda, ultimatum, un avvertimento alla maggioranza. Ed è a questo punto che il conduttore di Annozero, forte di un buon risultato di ascolto (più del 13%, su Raidue), lascia correre qualche parola in più: «Sono sereno, stiamo facendo un buon lavoro, il pubblico ci vuole bene e ci segue. I risultati di ieri sono ottimi e sono contento».
Certo, in corso cè anche un duello fra Highlander campani. Da un lato il conduttore meno controllabile della Tv italiana, dallaltro il politico meno controllabile del centrosinistra. Oppure: «Michele-chi?» contro «Madre Mastella di Calcutta», come disse Vauro, nella puntata rovente sulle coppie di fatto che aprì la faida con labbandono di studio da parte delluomo di Ceppaloni. Eppure Santoro ieri non si scomponeva nemmeno dopo che Romano Prodi, su pressioni dellUdeur cesellava la sua per nulla buonista scomunica: «Non commento mai - ripeteva senza scomporsi - tutte le reazioni sono legittime, fanno parte del mio lavoro, accetto le critiche anche quando le ritengo ingiustificate». E se cercavi di incalzarlo, di provocarlo, di strappargli mezza parola in più, aggiungeva: «Io non ho messo alcuna acrimonia, ieri, nei confronti di Clemente Mastella. Per lo meno, queste sono state le mie intenzioni. Io sono sceso in campo per mostrare la mobilitazione intorno a de Magistris, non per accusare Mastella».
Poi una nuova iniezione di serenità: «Per ora, non ho sentito Cappon». E il direttore di Raidue, Antonio Marano? «Come ogni mattina dopo la puntata, mi ha fatto le sue osservazioni, le critiche che ha ritenuto opportune, oggi era molto contento dei risultati». E la minaccia del leader udeurrino di sfiduciare i vertici Rai se non si daranno delle regole? «Quelle di Mastella sono iniziative politiche, io difendo il mio lavoro - commenta -. Mi auguro che, in ogni sede, venga considerata lautonomia dei giornalisti. Poi, il Cda fa il suo lavoro, io sono sereno. Per il resto, come viene ce la pigliamo, come si dice dalle mie parti». Cappon ha annunciato ieri che il Cda si occuperà del caso.
La verità è che, a parte il grande polverone, il vero siluro che è partito sono le audizioni in Commissione di vigilanza, dove i i nuovi nemici di Santoro sperano di trovare sostegno in qualche componente del centrodestra, su qualche «provvedimento-bavaglio». Ma anche questo è già noto, già visto, già accaduto.
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