"La televisione? Amore e odio. Provo col teatro"

Ambra Angiolini debutta a Genova con un monologo di Benni:  "Racconto una donna fragile ma vincente. La televisione mi destabilizza però la faccio e la guardo"

"La televisione? Amore e odio. Provo col teatro"

Milano - Mamma mia com’è emozionata. «No, sono soltanto mediamente inquieta» minimizza lei. Stasera Ambra Angiolini debutta in un monologo, sissignori, l’opera più difficile per un’attrice. Teatro dell’Archivolto, Genova: ecco La misteriosa scomparsa di W, scritto da Stefano Benni, regia di un maestro, Giorgio Gallione. «Sto provando da mesi questo spettacolo» spiega lei, che sta anche provando, nel senso di mettere alla prova, la sua carriera da vent’anni, da quell’inizio là a Bulli e Pupe passando per Non è la Rai su cui hanno strologato tutti spesso a sproposito.

Volenti o nolenti, oggi Ambra è tra le donne di spettacolo più versatili, televisione cinema e teatro, e forse quella che si prende meno sul serio. «Non voglio convincere nessuno, se avessi continuato a farlo sarei una donna mediamente infelice con una vita distrutta». Invece no. Vive a Brescia con Francesco Renga e due bellissimi bambini, Jolanda e Leonardo. L’altra sera Renga era a Io canto su Canale 5 e ha parlato dei figli in diretta tv, lei sempre a Genova a provare il debutto e sempre a parlare dei figli: «Sono andata con loro durante le vacanze al cinema a vedere La principessa e il ranocchio, poi sono precipitati nell’influenza stagionale». E via così, disegnando tra il (molto) serio e il (poco) faceto quella che è lei oggi, una trentaduenne che sta per debuttare all’Archivolto in un monologo di Benni e poi dite se vi sembra poco.

Ambra, scusi, chi è la W che lei interpreta?
«È una donna. O forse più semplicemente un cumulo di sensibilità e passione in un corpo troppo fragile. Ma è una che vince, nonostante la sua vita da perdente».

Mica male la sfida.
«Professionalmente sono sicura di me, ma l’emotività rischia di prendere il sopravvento».

E Stefano Benni che cosa ne pensa?
«Non l’ho mai incontrato, ho un po’ di timore. In questo monologo è stato curioso e sorprendente perché è entrato nella testa delle donne meglio di tante donne».

Ma l’aveva scritto per Angela Finocchiaro negli anni Novanta.
«Le è anche stato chiesto se le dava fastidio che lo portassi in scena io».

E lei?
«Ne è stata contenta».

E Francesco Renga è contento?
«Per la prima volta è interessato davvero molto a questa mia esperienza. Da due mesi torno pochissimo a casa ma lui mi dice che è tutto a posto, forse pensa che sto facendo qualcosa per me e che non mi risparmio».

Neanche il pubblico si risparmia, però.
«E io vorrei che ogni sera andasse a casa felicemente stanco».

Sarà all’Archivolto fino al 21. Poi?
«Faremo un tour per chi ha voglia di lavorare: tutti debutti in provincia. Poi, dopo febbraio vedremo che cosa fare».

E lei sa già che cosa farà?
«Farò ordine tra le proposte di cinema, io in questo sono molto entusiasta e infantile».

Che cosa le piace di più?
«Sono tre proposte Medusa, con cui ho un bellissimo rapporto. Una è un’opera speciale di Emilio Greco: mi piace proprio, anche se è difficile».

Ambra, e la tv?
«C’è sempre la voglia di esserci e la paura di essere poco capiti. Ho ancora sul collo il finto litigio con Victoria Cabello che è addirittura stato motivo di discussione persino in ambienti altissimi. Di sicuro non sarei più capace di reggere una prima serata su Raiuno né di fare un talk show perché mi diverte di più essere intervistata. Insomma, so che la tv mi destabilizza, anche se continuo a farla».

E anche a vederla.
«Guardo di tutto, da Vespa a Santoro alla Bignardi, Matrix e tutto quello che c’è da vedere. E il Grande Fratello, ovvio».

Ha visto l’alluvione di baci lesbo nella Casa?
«È il codice di quelle cose lì che sporca tutto. Sembra strano che sia confezionato per entrare in prima serata».

Ma a lei piace?
«Non condivido quanti sono convinti che in tv meno pudore si ha, più si vince.

Comunque credo che nella casa succeda qualcosa di strano, di insondabile. Anche a Non è la Rai mi ricordo che partiva una canzone, una magari si metteva a piangere e in due minuti piangevamo tutte, così, inspiegabilmente».

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