A tempo di musica: dal pop alla tarantella sono defilé d’autore

La sfilata e la musica. Osservi e ascolti. Le top ancheggiano, il loro incedere pare suggerito dal ritmo. Quello giusto però. Perchè la colonna sonora di un defilè non deve mai eccedere, piuttosto farsi sentire poco. Altrimenti si avverte l’effetto opposto: si va via con solo la musica in testa e degli abiti nessun ricordo.
Niente è per caso, figurarsi nel regno incantato (e costruito) per eccellenza. Così si sta diffondendo una nuova professione, quella dei «sound designer». Che in realtà sono sempre esistiti, sono i progettisti del suono, i creativi che decidono le colonne sonore dei film (e oggi dei videogiochi, perfino delle applicazioni per Ipad e Ipod) ma che solo da pochi lustri hanno un posto d’onore nell’olimpo delle griffe.
Matteo Ceccarini, compositore, è stato uno dei primi. Ha iniziato vent’anni fa, mettendo a frutto la sua passione per i dischi, «ne ho ventimila in casa e il guaio è che me li ricordo tutti» scherza, Ceccarini. E racconta: «Era il 1992 quando mi chiamò Gianfranco Ferrè. Aveva saputo anche lui di questa mia manìa. Non per i gruppi del momento o per i suoni di moda ma per le sinfonie ricercate, di nicchia». Tipo? «Andavo al cinema, vedevo “Lezioni di piano” o “Il Gladiatore” e mi compravo subito il disco della colonna sonora. Risentirli a casa era un piacere». Piccola parentesi: alla cerimonia degli Oscar una statuetta è assegnata ai migliori sound mixing e sound editing, destinati appunto ai sound designer. Torniamo a Ferrè. «Nel ’92 musicai la mia prima sfilata, fu un successone» riconosce Ceccarini. Da quel primo debutto ai successivi il passo è stato breve. «Questo è un lavoro di ricerca. Lo stilista ti spiega cosa vuole trasmettere con la sua collezione, ti mostra i bozzetti, il punto di partenza, l’arrivo. Io osservo il lavoro e propongo. E qui viene il bello, le musiche le devi sapere. Un po’ come la lezione a scuola. Siamo nell’Ottocento in Russia? Ecco Prokofiev, ma devi avere in mente giù un’opera, un brano. Non c’è limite per le sfilate: puoi spaziare dai suoni tecno, al rock, inserire l’opera, l’etnico, il jazz. Ogni suono al momento e nel luogo giusto». Ceccarini racconta di essersi sbizzarrito in forti contrasti con le sfilate di Vivienne Westwood, «lei propone abiti vittoriani e moderni, io brani punk e di Mozart».
L’exploit di originalità Matteo Ceccarini l’ha toccato con Armani: «Giorgio Armani è molto patriottico, ha voluto la tarantella. Abbiamo tirato fuori dei brani pazzeschi girando nei quartieri spagnoli di Napoli, il pubblico era letteralmente rapito. La dimostrazione del successo? Il cd con le musiche di quella sfilata è andato a ruba». Poi c’è stata la sfilata silenziosa, un paradosso per un sound designer, «l’ha voluta Ferrè. In quel caso i suoni avrebbero alterato il messaggio». E quell’altra «musicata» soltanto dai passi delle modelle. «L’abbiamo progettata per Scognamiglio la scorsa stagione, microfoni a terra, giochi di luce e buio, e in primo piano il rumore dei tacchi».
All’istituto Europeo del design di Milano (sede di via Sciesa) da sei anni c’è un corso di laurea triennale di sound design. Il coordinatore è Painè Cuadrelli, che anche produttore musicale. «Abbiamo una sezione con una ventina di studenti per ogni anno. La professione si è ampliata in questi ultimi anni, prima era legata solo agli aspetti sonori dei film, pensiamo a Guerre stellari. Oggi le applicazioni sono infinite, si va dalla sonorizzazione multimediale (software, siti web e videogiochi) a quella delle installazioni (mostre, negozi, spazi pubblici). Lo Ied ha collaborato con la Fabbrica del Vapore e la Fondazione Pomodoro. Un gruppo di nostri ex allievi ha curato i suoni di Terme Milano e del circuito termale di Bormio». Le lezioni spaziano dalla storia della musica ai corsi di software. Fra gli insegnati anche musicisti celebri come Taketo Gohara (ha lavorato con Vinicio Capossela) e Franco Fabbri.

Le iscrizioni allo Ied sono aperte fino al 30 settembre.

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