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"Ho battuto la Williams a colpi di... intelligenza"

Intervista a Roberta Vinci. L'ex azzurra di tennis: "Tra le ragazze di oggi di solito vince chi tira più forte, non gioca meglio. Sinner? È un fenomeno che fa da traino agli altri come fu per noi la Schiavone"

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Come picchia (ancora) Roberta Vinci, unica tennista italiana ad aver vinto almeno un titolo su tre superfici diverse (terra, cemento ed erba), protagonista della finale made in Italy degli UsOpen 2015, doppista che con Sara Errani ha vinto tutti e 4 gli Slam in carriera, azzurra che ha trionfato in 5 Fed Cup. Lo stile resta, anche con in mano una racchetta per il padel (anzi una pala, dicono i puristi) in un contesto da padella (si inaugurava il bistrot di chef Borghese al Padel Palace di Milano). A 41 anni potrebbe dare ancora la paga a molte giovani, intanto fa l`opinionista per Eurosport: «Per ora mi basta, finita la carriera ho deciso di stare per un po` in famiglia in Puglia».

Nel frattempo è cominciata l`era Sinner.
«Jannik è impressionante: come tennista, come ragazzo, come rispecchia quasi la perfezione. Anche se lui direbbe che c`è ancora da migliorare».

In che cosa?
«C`è sempre qualcosa, e lui è lucidissimo nell`analizzare vittorie e sconfitte. Di solito un ragazzo di quell`età rischia spesso di sedersi sugli allori».

Più forte Sinner o Alcaraz?
«La loro rivalità sarà al livello di quella tra Federer e Nadal».

Intanto gli italiani crescono.
«Jannik fa da traino. Un po` come fu per noi quando la Schiavone ha vinto il Roland Garros. Ci ha dimostrato che si poteva fare, e da lì ti parte la voglia di provare che niente è impossibile».

Da lì, appunto, la finale di New York contro Pennetta. Sinceramente: rode averla persa?
«La verità? Non tanto: ho dato tutto, non ho rimpianti. Flavia e stata più brava, perché io la volevo proprio vincere, non ero appagata. Così non è stato, amen».

Resta l`impresa con Serena.
«Non dovrei dirlo io, ma senza presunzione credo che quella semifinale abbia segnato l`inizio della fine dell`era Williams. Ho dimostrato che fosse battibile».

Com`è successo?
«Dopo aver perso il primo set mi son detta: sei qui, te lo sei meritato, giocatela. Lei non se l`aspettava, era nervosa, aveva davanti l`obbiettivo del Grande Slam».

La testa è tutto. Per esempio: parliamo di Berrettini.
«Se non stai bene con quella, ti vengono un sacco di dubbi. Poteva vincere Wimbledon, si è ritirato per il Covid e poi è successo di tutto. Fisico e talento non bastano, si deve saper gestire situazioni e aspettative. E i momenti negativi ci sono, sai quanti ne ho avuti io?».

Vincere è complicato.
«Prendete un torneo dello Slam: possono esserci problemi personali, oppure piove, c`è vento, giochi la mattina piuttosto che la sera. Tante variabili in due settimane, non è come il calcio o altri sport dove l`orario è fisso».

L`esperienza conta.
«Vent`anni non mi aspettavo di vincere così tanto in carriera. Mi sembra pazzesco».

Com`è il tennis femminile?
«Ci sono ottime ragazze come Cocciaretto e Paolini. Certo, pagano il paragone la generazione mia e di Sara, Flavia e Francesca, tutte Top 10. Ma i risultati arrivano».

In generale il livello è basso.
«Purtroppo. Contro Serena, Sharapova o Azarenka sapevi che quasi certamente avresti perso. Ormai invece può vincere chiunque, di solito chi tira più forte e non chi gioca meglio. Non c`è più un tennis giocato con intelligenza: senza quella io Serena Williams non l`avrei certo battuta».

Perché non allenare allora?
«Mi piacerebbe, provare a passare idee e esperienza. Poi ognuno ha le proprie qualità e bisogna lavorare su quelle».

Federer, Nadal o Djokovic?
«Il migliore? Federer».

E tennis o padel?
(ride) «Lo so che il padel fa venire l`orticaria a certi tennisti, però in realtà sono due giochi diversi. Il padel è uno sport più democratico che possono imparare tutti.

E io mi diverto un sacco».

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