
Tre set a zero, come da copione. Difficile davvero pensare a un risultato diverso per lo Jannik Sinner visto fin qui a Parigi, anche se lui – giustamente – predica calma e prudenza. Però anche contro Alexander Bublik non c’è stata storia, se non un po’ nel secondo set, e non sapremo mai se il numero uno del mondo ha utilizzato quel momento del match per fare qualche esperimento. Troppa la differenza, anche perché il kazako - l’avversario che un giorno aveva detto al giovane Sinner “tu non sei umano” – in fondo il suo torneo lo aveva già vinto arrivando aa sorpresa fino ai quarti di finale. Dove però l’ostacolo è stato troppo alto.
Sinner dunque giocherà la sua sesta semifinale dello Slam dopo aver vinto 6-1, 7-5, 6-0, e per il tennis italiano è storia perché solo Pietrangeli (che poi vinse) e Sirola arrivarono tra i primi quattro nel Roland Garros, mentre nell’era Open è una primizia. Insomma: c’è la possibilità di una nuova impresa, anche se per Lorenzo la sfida contro Alcaraz sembra una montagna da scalare. Jannik, invece, guarda avnti sereno: “Avevo già incontrato Bublik un paio di volte: contro di lui non puoi mai sapere come va la partita, ha spesso alti e bass,i e quindi sono stato concentrato su di me. Dovevo essere continuo e servire bene: non era facile perché mi ero allenato col tetto e invece abbiamo giocato col sole, ma alla fine è andato tutto bene. Con giocatori simili, quando ci sono pochi scambi, l’importante è evitare errori”. Jannik non ha sofferto neanche troppo le condizioni del tempo ballerine di questi giorni: “Mi adatto a tutto e non faccio come alcuni colleghi che modificano la tensione delle corde a seconda del vento: a me pace tenere sempre la stessa, però è bello essere diversi”.
Quindi tutto bene (“sì, sono felice”), resta solo da capire ci incontrerà venerdì per un posto in finale: “Djokovic-Zverev? La guarderò un po’, ma cercherò anche di spegnere l’interruttore, andare a cena e pensare ad altro. Due settimane di Slam sono lunghe, staccare è necessario. Spero, chiunque sia il mio avversario, di essere pronto”. Che poi, in realtà, è una certezza.