La tentazione del Pdl: prestare deputati al gruppo Misto

L’escamotage serve a consentire ai parlamentari vicini alla maggioranza di pesare nella composizione delle commissioni alla Camera. I parlamentini in bilico sono otto su 14. Oggi Adc, Pid, Noi Sud ed ex Fli sono in tutto 19

La tentazione del Pdl: prestare deputati al gruppo Misto

Roma - Per la cosiddetta «terza gamba» della maggioranza spunta anche l’ipotesi del prestito Pdl. È una sorta di escamotage, sebbene, in fin dei conti, non del tutto determinante: far traslocare qualche deputato pidiellino nel gruppo che sta per nascere a Montecitorio per riequilibrare le forze nelle singole commissioni. Sì, perché una partita fondamentale tra maggioranza e opposizione si gioca proprio sul terreno delle commissioni parlamentari, sorta di microparlamentini dove sono rappresentate tutte le forze politiche. La regola vuole che ogni gruppo parlamentare debba avere uno o più uomini in ogni commissione. Con il recente strappo dei finiani a Montecitorio Pdl e Lega hanno perso la maggioranza in ben 8 commissioni parlamentari sulle 14 permanenti. Il risultato finale è che in quelle 8 ci sia una complicata situazione di pareggio che obbligherà la maggioranza a navigare a vista alla ripresa dei lavori, prevista per oggi.
Ecco perché risulta fondamentale dar vita a un nuovo gruppo parlamentare che possa limitare al massimo il potere di interdizione delle truppe del Fli nei singoli parlamentini. Ad oggi i numeri per far partorire il cosiddetto gruppo di responsabilità sono risicati. La lente di ingrandimento va puntata sull’attuale gruppo misto. Qui per ora sono confluiti tutti: c’è l’Adc di Francesco Pionati; ci sono i sottogruppi del Pid di Saverio Romano e di Noi Sud di Arturo Iannaccone; e poi la pattuglia di ex finiani guidati da Silvano Moffa cui si aggiungono i tre sciolti (Calearo, Scilipoti, Cesario). In totale fanno 19 deputati, uno sotto il numero minimo per creare un gruppo. Ecco quindi l’idea del prestito: se un paio di piediellini traslocassero tra le cosiddette «truppe della responsabilità», a gruppo fatto si rimescolerebbero tutte le carte nei parlamentini. Tuttavia il criterio con cui verrebbero ridistribuite le forze è a dir poco bizantino così è di fatto impossibile sapere in quale commissione potrebbero essere ridimensionati i finiani. Inoltre, come ammette un pidiellino, «i numeri sono quelli: la maggioranza resta risicata a meno che non si riesca a calamitare qualche altro deputato che oggi sta all’opposizione».
Berlusconi rimane fiducioso e ottimista, consapevole com’è che le elezioni anticipate non le vuole nessuno. Specie l’Udc che ha già assicurato di voler fare il «salvavita» alla legislatura. Non lo farà gratis, ovviamente. Casini vorrà pesare, dire la sua, condizionare il più possibile l’azione di governo; ma farà un’opposizione responsabile e decisamente non distruttiva. Il messaggio è stato chiaro: non entreremo al governo, non legheremo mani e piedi al Cavaliere ma neppure ci metteremo di traverso per disarcionarlo, anzi. A Casini lo chiedono sia le gerarchie vaticane sia brandelli del suo partito che preferiscono stare con il cattolico centrodestra piuttosto che con i laicisti del Fli. Proprio le schegge udiccine sono il tallone di Achille di Casini, il quale ha mandato a dire a Berlusconi: io ti appoggio dall’esterno a patto che ti fermi con la campagna acquisti nei nostri confronti.
Così la situazione resta sostanzialmente bloccata tra la tentazione di accelerare nell’operazione «terza gamba» e il procedere per la via del cosiddetto «metodo Obama». In sostanza un maggiore dialogo con l’opposizione responsabile di Casini come auspicato da Sandro Bondi, uno dei tre coordinatori del Pdl, in una lettera al Corsera. «Possibile che anche in Italia non si possa trovare in Parlamento un accordo su materie quali il federalismo o un nuovo sistema fiscale che privilegi le famiglie?», si chiede Bondi. Di fatto il corteggiamento all’Udc prosegue. E un sintomo chiaro che alla fine avrà successo è l’ira di D’Alema.

Il quale, sul Riformista, se l’è presa con Casini accusandolo di tenere una posizione «ambigua e logorante» e, al pari di Fini, di essere «poco coerente». In pratica, come sottolinea il capogruppo Pdl Fabrizio Cicchitto, «una brusca intimidazione a Casini» affinché scelga di non abbandonare lo schieramento degli antiberlusconiani doc.

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