Teoria e pratica di un ottimo debutto

Strabiliante libro dell’anno, mix sapiente di classico e postmoderno, o saccente profluvio letterario, tipico dei debutti giovanili più esuberanti? Il New York Times non ha avuto dubbi e ha incoronato il torrenziale Teoria e pratica di ogni cosa di Marisha Pessl (Bompiani, pp. 700, euro 21) fra i dieci migliori libri del 2006. Non male per una ventisettenne ex-attrice di bellissimo aspetto, il cui sostanzioso anticipo editoriale aveva fatto scalpore nel mondo letterario prima dell’uscita e aveva fatto accogliere con comprensibile sospetto un’opera poi acclamata in maniera unanime. Sì, perché il delicato romanzo di formazione che evolve in thriller, rendendo il dovuto onore a Nabokov, è scritto in prima persona da un’acuta sedicenne all’ultimo anno di superiori prima dell’ingresso accuratamente programmato a Harvard, con uno stile a dir poco superbo. Pessl scrive in modo scintillante, freschissimo, frizzante, miracolosamente non pedante, nonostante il vezzo di accompagnare ogni minimo accadimento con infinite citazioni, colte e pop, vere e inventate, in quel modo alluvionale da adolescente, che per giunta si nutre di conoscenza da sempre grazie all’humus familiare. Blue Van Meer e suo padre, il professore a contratto supponente e sciupafemmine che ha una parola per tutto, somiglia a George Clooney e ci è odioso dalla sua prima apparizione, in dieci anni hanno visitato trentatré Stati e ventiquattro scuole. La candida ragazzina è immersa in una incondizionata ammirazione per il genitore, accecata da qualsiasi sua cretinata travestita da genialità.
Approdati a Stockton, North Carolina, nel prestigioso istituto St. Gallway, finalmente Blue riesce a coltivare una parvenza di vita di relazione e ad essere introdotta in un ristretto circolo di fanciulli, «i Sangueblu», stregati dall’affascinante insegnante di cinema Hannah Schneider (ogni paragone con Dio di Illusioni di Donna Tartt, 1992, è assolutamente legittimo, lì come qui ci sono college, thrilling, e il passaggio alla dolorosa età adulta). Già sappiamo che la donna è stata ritrovata impiccata, durante un’escursione con i ragazzi sulle Smoky Mountains, in circostanze molto poco chiare, e che Blue si metterà pancia a terra per chiarire i misteri di una morte inspiegabile.

La storia, suddivisa in capitoli intitolati a classici della letteratura e con un richiamo diretto alle vicende raccontate, costruita come un curriculum per un corso universitario con tanto di esame finale a quiz, è a dir poco insostenibile per le prime centinaia di pagine, e i lettori morti per noia nel tentativo di superare la metà del libro e uccisi dall’esibizionismo dell’autrice non si contano. Ma gli ultimi capitoli sono magnifici e regalano una sterzata narrativa superata solo dal genio di Hitchcock, come in un romanzo non accadeva da tempo.

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