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Terrorismo, Bush vince la battaglia del Congresso

Approvate le nuove norme volute dal presidente per gli interrogatori e i processi ai detenuti di Guantanamo. Sì alle intercettazioni senza mandato

da Washington
Per il presidente George Bush è una vittoria, per il suo ex rivale nella corsa alla Casa Bianca, John Kerry, una tragedia. Con il voto del Senato, entra in vigore la legge che fissa le nuove norme per gli interrogatori e i processi dei detenuti di Guantanamo e nelle carceri speciali fuori dai confini nazionali. L’obiettivo è noto e da tutti condiviso: combattere il terrorismo; i mezzi utilizzati per farlo, però, non sono del tutto trasparenti e per questo controversi. Dall’11 settembre 2001 la Casa Bianca ha di fatto agito in totale libertà, approfittando delle leggi speciali del «Patriot Act» e soprattutto del vuoto legislativo concernente il carcere di Guantanamo, a Cuba. E senza controlli, la mano dei militari Usa si è fatta spesso pesante, fino a ricorrere alla tortura, in violazione della Convenzione di Ginevra e in contrasto con la straordinaria tradizione giuridica e civica americana. Ma una sentenza della Corte suprema Usa, che ha dichiarato incostituzionali le commissioni militari istituite a Guantanamo, ha costretto il Congresso ad approntare un quadro giuridico.
Per Bush non è stato facile trovare un compromesso accettabile; perché a fargli la fronda non era solo il Partito democratico, ma anche diversi esponenti del Partito repubblicano, tra cui il senatore John McCain, probabile candidato repubblicano alla presidenza, che si batte imperiosamente contro ogni forma di tortura, per una ragione più che valida: lui stesso fu seviziato nelle carceri vietnamite. E non può accettare che il suo Paese - paladino della libertà e dei diritti individuali - ricorra alle stesse forme di persuasione usate dai vietcong.
Il testo approvato l’altra notte condanna gli abusi sui detenuti (e per questo McCain l’ha votato), ma attribuisce al presidente un certo grado di flessibilità nel decidere quali tecniche di interrogatorio possano essere consentite. E per questo non piace alle organizzazioni umanitarie e a Kerry, che l’hanno stroncato con queste parole: «La legge dà all’Amministrazione, che ha fatto lobbing per la tortura, esattamente quel che voleva». Ovvero, limita i diritti in giudizio degli imputati e l’accesso agli elementi di prova a loro carico e dà la possibilità, in casi estremi, di condurre interrogatori privando di sonno il detenuto o provocandogli ipotermia.
Ma secondo la maggioranza repubblicana i timori sono fuorvianti perché «sebbene i terroristi agiscono al di fuori di qualunque standard internazionale, l’America ha deciso di attenersi a un certo metro di giustizia». Dunque: tendenzialmente gli Usa non intendono discostarsi dai valori tipici della propria tradizione giuridica, ma, date le circostanze, si concedono qualche licenza.
La legge, già votata dalla Camera dei deputati, è stata approvata con 65 voti favorevoli e 34 contrari, ma ha rischiato la bocciatura. Poco prima del voto finale un emendamento che l’avrebbe ritardata a dopo le elezioni legislative di novembre, è stato respinto di strettissima misura.
In ogni caso Bush porta a casa un successo importante. Anzi, due, perché la Camera dei deputati ha approvato un disegno che permette intercettazioni telefoniche senza mandato. E siccome il sì del Senato è scontato, quella di giovedì notte può essere considerata come una «doppietta» insperata, che ridà morale alla Casa Bianca e soprattutto ai candidati repubblicani nell’ultimo mese di campagna elettorale. I pronostici continuano a essere negativi per il Partito dell’Elefante, che potrebbe perdere il controllo di uno dei due rami del Parlamento.

Ma il doppio successo legislativo offre qualche argomento in più e consente a Bush di rafforzare il messaggio sull’Irak e soprattutto sull’Afghanistan: la guerra ai talebani proseguirà e, presto, Washington darà al Pakistan aerei e armi sofisticate da usare contro Al Qaida.

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