Bataclan, dieci anni dopo: cronaca di una notte che cambiò l’Europa

Coordinati dallo Stato Islamico, gli attentati del 13 novembre 2015 segnarono l’inizio di una nuova stagione di terrorismo in Europa

Bataclan, dieci anni dopo: cronaca di una notte che cambiò l’Europa

Era un venerdì sera come tanti nella capitale francese, quel 13 novembre 2015. Nella sala del Bataclan, nel XI arrondissement di Parigi, il palco irradiava energia, il pubblico giovane in piena festa. Poi, all’improvviso, la musica si è interrotta — un lampo, raffiche, urla. Quel palco, quel locale diventavano teatro di morte.

21:40 – Il concerto che diventa sogno infranto

La serata era iniziata con la band americana Eagles of Death Metal in piena esibizione davanti a circa 1.500 spettatori nel Bataclan. Il locale, situato al numero 50 del boulevard Voltaire, era un simbolo della scena musicale parigina, con una capienza di circa 1.694 posti. Fuori, due ore prima dell’inizio dell’attacco, tre uomini vestiti di nero avevano noleggiato un’auto nella zona del teatro e rimangono in attesa.

Mentre i colpi esterni cominciano a cadere — tre persone uccise sugli scalini dell’ingresso — all’interno gli spettatori continuano per pochi secondi a sentir rumori che pensano siano fuochi pirotecnici. È testimonianza ricorrente: molti all’inizio non seppero distinguere l’assalto dalla scenografia di un concerto rock.
In quel frangente, il sogno della musica e della normalità si tramutò in strage: non più solo spettacolo, ma un obiettivo militare contro la vita quotidiana.

21:47 – Il massacro

Intorno alle 21:47 i tre assalitori fanno irruzione nel teatro, sparando a raffica con fucili d’assalto (tra cui Zastava M70, Norinco Type 56-1, e AKKS-47) subito all’ingresso e poi all’interno dell’auditorium. Secondo testimoni oculari corpi ovunque, sangue sul pavimento, persone a terra, uccise mentre cercavano di fuggire o di salvarsi. I terroristi attraversano la platea, sparando anche verso i balconi superiori: cadaveri cadono dalle gallerie sulla folla sottostante.

All’interno del buio improvviso, solo i flash delle armi e le urla rompono il silenzio. Molti finiscono travolti, compressi insieme, mentre alcuni cercano di fingersi morti nel terrore che la stanza possa esplodere in nuove raffiche.

22:00 circa – Prendere ostaggi, il silenzio davanti all’orrore

Dopo la prima raffica, gli assalitori cambiano strategia: non solo sparare e uccidere, ma prendere ostaggi. All’interno del Bataclan iniziano a controllare la situazione: si posizionano nei punti d’uscita, richiedono silenzio, impongono immobilità. Testimoni riferirono che i terroristi camminavano lentamente tra le vittime, carica i fucili, ricaricano e minacciano coloro che tentano di alzarsi.

Nel frattempo, all’esterno la polizia e gli agenti d’élite (la Brigade de recherche et d’intervention – BRI) si radunano, valutando il teatro come zona di ostaggi; non un semplice crollo, ma una presa di posizione. Per circa due ore — fino all’assalto finale — all’interno regna un silenzio spettrale, interrotto solo da spari distanziati, pianti, urla. Le uscite vengono bloccate, molti credono che la polizia non entrerà mai, altri si preparano a morire. I cellulari dei presenti registrano momenti di terrore puro: chiamate d’aiuto, messaggi agli amici, suppliche. Le autorità registrano il fatto che l’attacco era coordinato in tempo reale con cellule in Belgio.

00:58 – L’assalto finale della polizia

Dopo più di due ore di assedio, le forze speciali francesi entrano in azione. Alle 00:18, le unità della BRI riescono ad accedere a una parte del teatro e iniziano a evacuare decine di sopravvissuti che si erano nascosti sotto i sedili o dietro il palco. All’interno, i terroristi hanno ormai radunato gli ostaggi al centro della platea, usando alcuni di loro come scudi umani. I negoziatori tentano contatti telefonici, ma gli assalitori restituiscono solo minacce: “È la colpa di Hollande, lui non ha paura di bombardare la Siria, ma vedrà le conseguenze”.

Alle 00:58, dopo un ultimo scambio di spari, le forze d’élite fanno irruzione. In meno di tre minuti neutralizzano uno dei terroristi e costringono gli altri due a detonare le proprie cinture esplosive artigianali. L’onda d’urto fa tremare l’intero edificio. La polizia trova un silenzio irreale, interrotto solo dai gemiti dei feriti. Tra i sedili, tra i corpi, le luci dei cellulari illuminano il pavimento intriso di sangue. Alla fine dell’operazione, 90 persone restano uccise dentro il Bataclan.

Oltre il Bataclan: la città sotto assedio

Mentre il Bataclan viene trasformato in un inferno di fuoco e terrore, altre zone di Parigi vivevano la stessa notte di sangue. Poco dopo le 21:15, tre kamikaze si fanno esplodere nei pressi dello Stade de France, dove si sta giocando l’amichevole Francia–Germania alla presenza del presidente François Hollande.

Nel frattempo, nel cuore dei quartieri popolari del X e XI arrondissement, altri commando armati aprono il fuoco contro clienti seduti ai tavolini di bar e ristoranti: Le Carillon, Le Petit Cambodge, La Belle Équipe, La Bonne Bière, Casa Nostra. In pochi minuti, decine di persone vengono colpite a bruciapelo, simbolo tragico di un attacco pensato per colpire la vita quotidiana: la convivialità, la musica, il tempo libero. Tra le vittime di quelle sparatorie anche l’italiana Valeria Solesin, giovane ricercatrice veneziana alla Sorbona. Quando, alle 21:40, i terroristi fanno irruzione nel Bataclan, Parigi è già sotto assedio.

14 novembre – Il bilancio, le accuse, la rivendicazione

La mattina dopo, Parigi si sveglia in un silenzio spettrale. Le sirene suonano ancora, e il boulevard Voltaire viene come una zona di guerra. Sul selciato, file di ambulanze, giornalisti da tutto il mondo, e centinaia di persone che lasciano fiori e candele.

Il presidente François Hollande, in un discorso trasmesso in diretta dall’Eliseo, parla di “un atto di guerra commesso da un esercito terrorista”, e dichiara lo stato d’emergenza nazionale, il primo dal 1961. In Belgio vengono arrestati diversi sospetti legati alla rete logistica dell’attacco. Le indagini rivelano che gli attentatori avevano agito in cellule coordinate tra Parigi e Bruxelles, e che la regia dell’operazione era stata affidata ad Abdelhamid Abaaoud, militante dell’ISIS poi ucciso a Saint-Denis il 18 novembre 2015. Nello stesso giorno, lo Stato Islamico pubblica un comunicato video su canali jihadisti, rivendicando l’attacco come “vendetta contro la Francia, crociata per i bombardamenti in Siria e Iraq”. Il messaggio affermava che Parigi era stata colpita “nel cuore dei suoi vizi e della sua idolatria”.

Tra le voci che emersero dal silenzio del dolore, quella di Antoine Leiris commosse il mondo. Giornalista e giovane padre, la notte del 13 novembre 2015 perse la moglie Hélène Muyal-Leiris, uccisa al Bataclan mentre assisteva al concerto.

Pochi giorni dopo, scrisse una lettera aperta ai terroristi: "Venerdì sera avete rubato la vita di un essere eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio — ma non avrete il mio odio". Quelle parole, pubblicate su Facebook e tradotte in decine di lingue, divennero simbolo di dignità e resistenza morale contro la spirale dell’odio.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica