(...)Almeno sette degli arrestati sono sindacalisti della Cgil. Lei da sindaco denunciò focolai di terrorismo nel sindacato quando in un deposito Atm fu trovata la rivendicazione dellomicidio DAntona.
«E scoppiò un gran can-can, ma nessuno trovò elementi per smentirmi».
Non era stata una boutade pre-elettorale?
«Evidentemente avevo delle informazioni. Che poi ebbero riscontro nei fatti».
Dice che la Cgil è brodo di coltura per i terroristi?
«Io veramente facevo riferimento ai Cobas».
Si può dire che soprattutto a sinistra ci sia o in passato ci sia stato una sorta di giustificazionismo?
«Non durante gli anni di piombo. Almeno per i vertici, lomicidio di Guido Rossa segnò uno spartiacque tra la comprensione e un deciso distacco».
E poi?
«Lala movimentista dellestrema sinistra cercò il conflitto sociale. Che poi è nullaltro che crimine. Difficile separarlo dalla lotta armata».
La conseguenza?
«Che i confini tra la politica e i deliri che ispirano il terrorismo diventano molto labili. E i terroristi si inseriscono in settori strategici come le corporazioni sindacali».
Unaccusa pesante.
«I primi attentati delle Br furono in fabbrica. Oppure cè la strategia gramsciana delloccupazione della burocrazia, della cultura, dei giornali».
Ora lordinanza dei magistrati parla di attentati, ma forse anche di omicidi.
«Una conseguenza inevitabile per una teoria della lotta armata che fa riferimento al marxismo-leninismo».
Marxismo-leninismo, attentati, bersagli «umani». Non sembra un armamentario del passato?
«Fanno parte di un metodo per la conquista del potere. E, infatti, a sinistra non cè condanna. Li definiscono compagni che sbagliano. Ma non perché commettano qualcosa di illegale, solo per una strategia considerata inefficace».
Che può mettere nel mirino un giuslavorista come Pietro Ichino.
«Lho detto, chi fa le riforme rischia la vita».
Impossibile non pensare a Marco Biagi che con lei lavorò nel Patto di Milano per il lavoro.
«Il 6 luglio del 2000 compivo cinquantanni e arrivò la notizia della bomba nella sede Cisl di via Tadino. Era la condanna a morte di Biagi. Colpivano un giuslavorista, un ponte tra il passato della concertazione che ha rovinato lItalia e un futuro di progresso e modernità».
Cosa successe?
«Lo accusarono di essere lo scassatore delle tutele del lavoro insieme allex falco di Federmeccanica (che ero io). Cominciò da Cofferati e dalla Cgil una campagna di denigrazione personale».
E poi?
«Qualcuno la interpretò male. E Biagi finì assassinato».
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