La terza pagina scolpita nel marmo

Incisi nella pietra del Duomo i nomi di migliaia di operai, scalpellini, architetti e vetrai

Da lontano sembra fatto di carta bianca frastagliata e presenta un bell’aspetto «sulla mezzanotte, al lume della luna». Tutti quegli uomini di pietra bianca discendono dalla loro formicolante altezza, vengono sulla piazza, bisbigliano all'orecchio delle vecchie storie, bizzarre e sante, tutte segrete. Enrico Heine, il grande poeta tedesco, scriveva che le statue del Duomo di notte scendono dalle guglie e sul sagrato si narrano le loro storie. Anche Hemingway sente lo stesso effetto ma «sulla piazza ci sono le rotaie del tram e più in là la cattedrale». Se saliamo di notte vicino alla Madonnina, all'ultimo terrazzo più prossimo alla luna, è possibile sentire rumore di pugni, incitamento di voci, grida del pubblico. È un match di eccezione che attirerebbe notevoli folle ma che in realtà non è mai esistito.
Sul Duomo, però, ci sono Primo Carnera e Emilio Spalla che si prendono bonariamente a pugni in un incontro che i cronisti sportivi potrebbero definire storico, un incontro immortalato nel marmo. Più avanti si sente il ping pong delle racchette. Con bella chiaroveggenza gli artefici del Duomo hanno previsto che un giorno nel mondo questo gioco sarebbe stato usato per la politica e sarebbe passato alla storia. Accanto alla racchetta e alle palline, anche una palla ovale da rugby e gli attrezzi per la montagna. Più avanti ancora squilli e fanfara, passo cadenzato: sul Duomo c’è anche il Dux sfuggito a uno scalpellino epuratore di Stato, perché dopo il 25 luglio 1943 gli ha soltanto aggiunto, per mimetizzarlo, un turbante in testa e una barba. Non è stata variata invece l'immagine di Vittorio Emanuele e Mussolini affiancati come sui francobolli dell'Impero. Un po’ di inni suonano di notte se ci rechiamo all'ultimo terrazzo. Più alta e con le note intarsiate come una scintillante cascata di suoni, un'altra musica si leva mentre il silenzio accompagna il Maestro che sta dirigendo. Le statue del Duomo bisbigliano, poi il silenzio scende per ascoltare la musica che si snoda purissima tra le guglie. È Toscanini che dirige! Il sorriso arguto del maestro, la fronte alta e spaziosa, l'impeto del direttore d'orchestra compiono il miracolo: dirige il coro e tutte le statue del Duomo, insieme alle voci bianche degli angioletti e dei puttini, i possenti baritoni, i cavernosi bassi, dalle voci femminili di soprano e contralto a quelle gravi, tutti insieme levano un coro «va’, pensiero...» o «la vergine degli angeli...» o, se il maestro è in vena di allegria, il gaio Rataplan della Forza del destino.
È il concerto della vita: tutte le notti o quasi concerto per sole statue e per le anime dei poeti che lo sanno ascoltare. Cantano anche gli angioletti sui quali una coppia di innamorati ha scritto, chissà quando, «Paolo e Maria». Il nome dei due innamorati resterà sul Duomo a lungo, ormai forse più a lungo del loro stesso amore: sono i misteri della vita le piccole cose che ci accompagnano. Ma se interroghiamo i due angioletti ci diranno che Paolo e Maria si sono qui incontrati la prima volta durante l'ultima guerra mondiale, saliti in una domenica di bel sole, moralmente distrutti nel vedere la loro Milano senza luce, senza più nulla che tante macerie. Milano come la vide il Cardinale Ildefonso Schuster col cuore stretto dalla passione per la sua città, un uomo che univa in preghiera le lunghissime mani da musicista chiedendo pace per i suoi figli. E la pace arrivò posandosi, candida colomba, sul Duomo, e decidendo di rimanervi.
Perché il Duomo, per gli ambrosiani, è una «terza pagina vivente» ma anche una pagina di cronaca cittadina scolpita nel marmo e nel tempo. Migliaia e migliaia di operai, scalpellini, architetti, vetrai, muratori, magutt, pittori, decoratori, artisti e piccaprei. Sono nomi spesso dimenticati che di notte passano da una guglia all'altra.

Ci sono anche personaggi un tempo grandi che la polvere della storia ha ridimensionato mettendoli sullo stesso piano dei grandi personaggi ignoti che seppero vivere la vita di tutti i giorni e che il Duomo per sempre ricorda.

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