Testimoni Un clochard e un albanese inchiodano Amanda e Raffaele

Un clochard e un supertestimone in galera per droga. Due rischi boomerang. Ecco le ultime carte dell’accusa che si scoprono sul tavolo dei giudici della corte d’Assise di Perugia. Sono loro a dover far quadrare il cerchio, a dover dimostrare il teorema già enunciato dai rilievi della polizia, dalle bugie, dalle omissioni degli indagati e dai tanti indizi che hanno portato in carcere Raffaele Sollecito, Amanda Knox e l’ivoriano Rudy Guede, l’unico già condannato per l’omicidio di Meredith Kercher. Comincia Antonio Curatolo, l’uomo che dormiva sulla panchina vicino alla casa di via della Pergola. Ha indicato in aula la bella americanina e il suo ex fidanzato riconoscendoli ancora una volta come i due ragazzi che aveva visto insieme la sera del primo novembre (quando avvenne il delitto), al campetto da basket di piazza Grimanana. «Ero seduto sulla panchina», ha raccontato Curatolo, «stavo leggendo, ogni tanto fumavo una sigaretta e alzavo lo sguardo. E ogni volta ho visto i due ragazzi insieme». Dopo di lui tocca all’albanese parlare. Per oltre due ore, viste le difficoltà degli interpreti. Erogan Kokunami ripete di aver notato davanti al cascinale Amanda, Raffaele e Rudy che spiavano dalla strada l’abitazione. «Passavo in auto quando ho visto uno strano sacco nero sulla carreggiata. Prima di urtarlo piano ho suonato. A quel punto mi sono reso conto che non era un sacco ma si trattava di un uomo e una donna che erano distesi». Secondo lui Raffaele e Amanda.
«L’uomo si è scagliato subito contro di me e io per reazione ho dato un cazzotto che gli ha fatto saltare gli occhiali. Poi gli animi si sono calmati, ma la ragazza ha tirato fuori dalla borsa un coltello di 40 centimetri: “Ti faccio vedere io”, mi ha detto».

Infine l’intervento di Rudy. «Mentre cercavo di fare manovra per andarmene è spuntato Rudy. “Non ti preoccupare eh, è tutto a posto” - mi ha detto -. Il coltello serve per tagliare una torta».
Ma la sua ricostruzione non trova riscontri.

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