«Ai media spetta oggi più che mai un compito fondamentale: contribuire a promuovere i luoghi dellinserimento sociale, e comunque almeno evitando di alimentare nei cittadini la pretesa che limmigrato debba conoscere sin dal suo arrivo e in tutte le loro parti ogni legge o leggina, gli usi e i costumi del nostro Paese». Immigrazione e informazione secondo il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano. Pensieri e parole espresse ieri nel tradizionale appuntamento con la stampa nel giorno del patrono San Francesco di Sales. Frase limpida nellintenzione di sottolineare la centralità della solidarietà nellapproccio verso le comunità straniere, al fine di realizzare unintegrazione reale. Esternazione di sicuro destinata a riaprire il dibattito, anche politico, sul binomio legalità-accoglienza.
È lo stesso Tettamanzi daltronde, in un successivo altro passaggio del suo intervento, a chiarire le vaste implicazioni della questione: «Il discorso morale è inscindibilmente anche un discorso sociale, culturale, politico». In questo senso, per il cardinale è in gioco il riconoscimento dei diritti di cittadinanza agli immigrati, cioè «la responsabilità di essere soggetti attivi nella convivenza civile». In altre parole, il diritto di «essere accolti non soltanto come ospiti ma come individui capaci e impegnati a intervenire nel delineare il nuovo volto della città». Dichiarazione che sottende scelte più profonde della semplice concessione del diritto di voto agli immigrati regolari. Tettamanzi fa notare che «il riconoscimento dei diritti di cittadinanza significa sollecitare la responsabilità degli stessi stranieri affinché non restino ai margini, chiudendosi in ghetti». Compresi quindi «istruzione ed educazione». Il riferimento, forse, è al contenzioso aperto tra il sindaco Moratti e il ministro Fioroni sul nodo dellaccesso agli asili ai figli dei clandestini? E ancora, perché «il rispetto dei diritti della persona conduce di per sé a riconoscere il legame che essi hanno con i doveri.» Perciò «cè bisogno di fare molto e molto di più, attraverso la concertazione tra istituzioni, volontariato e società civile».
Tornando al ruolo dei mezzi dinformazione, il cardinale ha insistito di nuovo sul rischio - «che va scongiurato» - di avvalorare e propagare «giudizi approssimativi nei confronti di gruppi etnici, etichette difficili da superare. Operazione purtroppo frequente quando si parla, per esempio, dei rom come nomadi o zingari».
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