Gian Micalessin
Balenato come un inatteso raggio di sole tra le tenebre dun uragano, il cessate il fuoco sembra incredibilmente reggere. Nonostante i nove missili Qassam caduti dopo il suo inizio. Nonostante lopposizione iniziale di alcune frange armate palestinesi. Nonostante lincredulità dei più. Ma quel raggio di sole non può esser spuntato per caso. Dietro al repentino accordo imbastito sabato sera sembra esserci qualcosa di più di una semplice telefonata tra il premier israeliano Ehud Olmert e il presidente palestinese Mahmoud Abbas. Qualcosa, ipotizzano in molti, legata allimminente arrivo in Giordania del presidente americano George W. Bush e ai lavori in corso alla Casa Bianca per forgiare una nuova strategia politica per lIrak e il resto del Medio Oriente. Qualsiasi cosa sia, sembra incredibilmente funzionare.
Funziona ieri mattina alle sei quando i carri armati e le truppe israeliane invertono la rotta ritirandosi, per la prima volta in cinque mesi, verso le recinzioni della Striscia di Gaza. Continua a funzionare due ore dopo quando, nonostante il lancio di nove razzi Qassam esplosi un po tra le case di Sderot e un po alle porte di un kibbutz, lesercito prosegue la sua ritirata. Assume consistenza dopo le dieci di mattina, quando anche i gruppi armati di Hamas e Jihad Islamica ripongono i missili, riconoscendo implicitamente la tregua, e il premier Ismail Haniyeh annuncia la disponibilità del governo dellAnp, guidato da Hamas, a far rispettare il cessate il fuoco. Si concretizza quando i comandanti delle forze di sicurezza fedeli al presidente palestinese Mahmoud Abbas ordinano ai propri uomini di prendere posizione lungo il confine tra la Striscia e i territori palestinesi per impedire nuovi lanci di missili.
La situazione, certo, non è nuova. Successe anche lo scorso dicembre, ma alla fine i lanci rincominciarono e le forze di sicurezza palestinesi rinunciarono a bloccarli. Stavolta, però, cè nellaria qualcosa di più di un semplice e temporaneo cessate il fuoco. Olmert non avrebbe, altrimenti, cambiato idea accettando una tregua rifiutata fino a qualche ora prima e Mahmoud Abbas non sarebbe riuscito a convincere i leader politici di Hamas e Jihad Islamica. Altrimenti lesercito israeliano non si sarebbe ritirato senza neppure verificare la tenuta del cessate il fuoco. Altrimenti il premier israeliano non avrebbe lanciato gli inviti alla moderazione e al dialogo che hanno scandito i suoi discorsi di ieri mattina.
Il primo atto di fiducia del premier arriva subito dopo la violazione scandita dai 9 missili Qassam. Una violazione volutamente ignorata dal premier israeliano. «Ho ordinato ai responsabili della difesa - spiega Olmert - di non rispondere, di dimostrare moderazione e dare al cessate il fuoco la possibilità di concretizzarsi».
Olmert si spinge anche più in là, alludendo chiaramente a un progetto più vasto ed esteso. «Spero si possa raggiungere un cessate il fuoco anche in Cisgiordania... Responsabilità e buona volontà possono portare allinizio di negoziati seri, aperti e diretti tra noi e i palestinesi». Fino a 24 ore prima Olmert non avrebbe pronunciato una sola di quelle frasi. Tantomeno avrebbe ipotizzato lavvio di un nuovo progetto negoziale. A infondergli tutto quellottimismo non può esser bastata la conversazione telefonica con un Mahmoud Abbas il cui effettivo controllo politico supera a stento la soglia dellufficio di presidenza. A offrire tanta sicurezza a Olmert contribuiscono probabilmente garanzie americane molto concrete. Garanzie sullentrata in gioco di un protagonista capace dimporre la propria volontà a Hamas e Jihad Islamica.
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