TIMER Come è cambiata l’arte dopo l’11 settembre

Si preannuncia come una delle più importanti mostre mai realizzate in Italia negli ultimi anni con al centro Milano come uno dei più potenziali riferimenti europei dell’arte dei nostri giorni. Gianni Mercurio e Demetrio Paparoni, nel corso di tre edizioni presenteranno più di 250 artisti scelti tra i più rappresentativi della scena internazionale. Il tema è l’«Intimità/Intimacy» con lo scopo di affrontare il rapporto che l’artista ha con se stesso nell’era della rivoluzione telematica.
La mostra sottolinea il rapporto con la tradizione e quello della sovrapposizione di linguaggi e culture diverse. Bisogna partire dal presupposto che dopo l’attentato dell’11 settembre delle Torri Gemelle il contesto sociale è cambiato e di conseguenza va considerato un cambio di valutazione nel rapporto personale con la trascendenza e la comunicazione sul piano sociale. Questa trasformazione dei rapporti sociali si manifesta anche nei temi dell’arte che in termini di linguaggio è una disciplina che non ha titubanza. Il tema dell’artista e il suo essere nel mondo avrà la sua prima edizione quest’anno e le altre due negli anni a seguire. Se la prima mostra è concentrata sull’artista, la seconda metterà in evidenza le implicazioni sul piano sociale e la terza si occuperà del rapporto con l’architettura e l’ambiente. Il 1989, anno della caduta del Muro di Berlino, il panorama geopolitico mondiale era profondamente cambiato; un evento che ha cambiato un’epoca e ne ha aperta un’altra. Va considerato anche che la diffusione di Internet negli anni Novanta e del satellite con la conseguente globalizzazione per certi versi e le questioni legate alla biogenetica, sono diventati i cardini attorno ai quali ruota l’arte occidentale. La guerra di culture e di religioni ha spostato la questione del linguaggio artistico del superamento delle contrapposizioni ideologiche, in arte legate a questioni formali: astrazione e figurazione, realismo e concettualismo smettono di essere in antitesi e convivono all’interno della stessa opera, a quelle più marcatamente religiose e culturali. Il catalogo bilingue edito da Skira riporta sulle prime pagine una sequenza di immagini note apparse sui maggiori rotocalchi e televisioni dopo l’attentato alle due Torri alle quali seguono le riproduzioni delle opere in mostra. Tra gli artisti della mostra «Timer» realizzata in collaborazione con Alphaomega Art: Charles Avery, Herman Bas, John Bock, Monica Bonvicini, André Butzer, Valerio Carrubba, Sam Durant, Wang Qingsong, Marc Quinn, Grazia Toderi, Cang Xin, Eva Marisaldi, Sylvie Fleury, Leandro Elrich, solo per citarne alcuni che hanno cercato di realizzare con le loro opere ricostruendo la nuova identità sociale nelle zone più povere del pianeta. In causa sono tirati l’Occidente, l’Afghanistan e altri Paesi, alla ribalta negli ultimi anni per fatti di povertà, guerra, disagi o cambiamenti di clima. Ciò che emerge, «landscape psicologici». Le paure si possono riscontrare nelle opere degli artisti stessi.

Per le strade la gente si guarda da Londra a New York fino a Parigi con la volontà di scrutare l’altro, di conoscerlo cercando di stanare le sue radici. Una cultura multietnica fatta di tanta diffidenza, paura che porta a stare sempre più chiusi nel proprio guscio psichico.

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