Timor Est, tentato golpe: ferito gravemente il presidente Ramos-Horta. Ucciso il capo dei ribelli

I ribelli hanno fatto irruzione nell'abitazione del presidente Ramos-Horta aprendo il fuoco contro di lui. Agguato anche contro il premier Gusmao che è rimasto illeso: "La situazione è sotto controllo". Ucciso il capo dei rivoltosi Alfredo Reinado nello scontro fuoco con i governativi

Timor Est, tentato golpe: ferito gravemente il presidente Ramos-Horta. Ucciso il capo dei ribelli

Dili (Timor Est) - Il premier di Timor est, Xanana Gusmao, ha decretato lo stato d’allerta per le prossime 48 ore e un coprifuoco nel Paese dopo il tentato golpe di questa mattina. Lo stato d’urgenza su tutto il territorio vieta in particolare qualsiasi tipo di raduno pubblico. Deve essere approvato dal vicepresidente del parlamento così come il coprifuoco, che entrerà in vigore alle 20 ora locale. «Abbiamo assistito ad un tentativo rivoluzionario contro questo stato di diritto e questa democrazia», ha affermato Gusmao, anch’egli sfuggito ad un attentato.

Grave il presidente Ramos-Horta Il presidente José Ramos-Horta, si trova attualmente in gravi condizioni nell'ospedale australiano di Darwin. dove è stato posto in una condizione di coma artificiale. Stamattina dei soldati armati hanno fatto irruzione nel suo domicilio aprendo il fuoco contro di lui e ferendolo gravemente. Il capo dei soldati ribelli, Alfredo Reinado, è stato ucciso quando gli agenti della residenza hanno risposto al fuoco. Dopo l’attentato al presidente i soldati ribelli hanno attaccato la casa del primo ministro Xanana Gusmao, ma sono stati respinti.

L'Australia e Nuova Zelanda inviano altri soldati Il premier australiano Kevin Rudd ha annunciato l’invio a Timor est di altri 120 tra soldati e poliziotti, elevando a mille il numero degli effettivi dispiegati nel Paese, dopo il tentato golpe. Rudd si recherà poi nei prossimi giorni a Dili, capitale di Timor Est, dove un attentato è stato condotto anche contro il premier Xanana Gusmao, rimasto illeso. Secondo Rudd, i due attacchi sarebbero stati coordinati «per assassinare i due leader democraticamente eletti di Timor est». Intanto, anche la Nuova Zelanda si appresta a rafforzare il proprio contingente nell’ex colonia portoghese nel timore di un deterioramento della situazione della sicurezza. A Timor est sono dispiegati 180 militari neozelandesi nel quadro della Forza internazionale di sicurezza sotto il comando dell’Australia e 25 poliziotti nell’ambito della missione delle Nazioni Unite. Il timore dei due Paesi è che dopo l’attentato contro il presidente, le cui guardie del corpo hanno ucciso il leader dei soldati ribelli Alfredo Reinado, possa scoppiare nell’ex provincia indonesiana indipendente dal 2002 una nuova ondata di violenza. Fuggito di prigione nel 2006 dopo essere stato arrestato con le accuse di omicidio, diserzione e possesso illegale di armi, Reinado era alla testa di un movimento di ribelli creato per protestare contro la decisione dell’allora premier Mari Alkatiri di destituire un terzo dei membri dell’esercito.

Barroso: la Ue sostiene la democrazia Il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, condanna «nei termini più assoluti» l’attacco al presidente Jose Ramos Horta, e al premier Xanana Gusmao. «Sono sollevato dal fatto che il presidente Ramos Horta sia sopravvissuto a questo brutale attacco contro di lui e contro la giovane democrazia di Timor Est. Sono egualmente felice che il primo ministro Gusmao sia salvo e abbia confermato che la situazione a Dili è sotto controllo», afferma Barroso in un comunicato diffuso a Bruxelles. «In queste ore difficili - prosegue il portoghese - voglio ribadire al popolo di Timor Est la profonda solidarietà della Commissione europea.

Continueremo a sostenere fermamente le istituzioni democratiche e ad affrontare insieme le sfide che abbiamo davanti, sostenendo le istituzioni del Paese a consolidare democrazia, Stato di diritto, sviluppo economico e sociale». Barroso esprime infine grande apprezzamento per il «lavoro cruciale condotto dalla polizia delle Nazioni Unite (UnPol) e della Forza internazionale di stabilizzazione (Isf)».

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