Qualcuno si è già spinto a chiamarla la Tunisia dei Balcani, ma il paragone, per quanto suggestivo, è forzato. In Albania, infatti, non cè una dittatura e non cè neanche unautocrazia alla Ben Alì, il satrapo di Tunisi amico dellOccidente costretto alla fuga la scorsa settimana da unimprevista sollevazione popolare. Ci sono però poco lavoro e molta miseria, eredità storica di una terra povera e di un ferreo regime comunista durato 45 anni, un governo di centrodestra che fatica a raddrizzare la situazione e unopposizione di sinistra che soffia sul fuoco senza tanti scrupoli. Ieri i socialisti hanno portato in piazza nella capitale Tirana diverse migliaia di arrabbiati manifestanti e la situazione è degenerata: i dimostranti hanno scagliato pietre e oggetti contro la residenza del premier e bruciato auto della polizia che ha risposto con gli idranti e i lacrimogeni finché si è arrivati allo scontro fisico e le forze dellordine hanno sparato. Bilancio finale: tre civili uccisi e una quarantina di feriti, tra i quali 17 poliziotti.
La polizia non ha cessato di usare le maniere forti fino a che, nel giro di tre ore, ha ristabilito lordine nel centro di Tirana. E subito dallUnione Europea, dagli Stati Uniti e dallOsce sono arrivate critiche alluso della forza e appelli alla calma: proprio perché lAlbania non è la Tunisia, ma è un Paese europeo che ambisce anche col forte sostegno dellItalia a ritrovare il suo posto nel consesso continentale, in un comunicato congiunto si è espresso «profondo rammarico» per lo spargimento di sangue e si è affermato rivolgendosi ad ambo le parti che «la violenza e luso eccessivo della forza non possono essere giustificati e devono essere evitati». Ieri sera il presidente della repubblica albanese Bamir Topi e il leader socialista Edi Rama, che è anche sindaco di Tirana, hanno fatto proprio questo appello, anche se Rama non ha rinunciato ad accusare il governo di «provocazioni».
Rimane il fatto che il premier Sali Berisha, che pochi giorni fa era a Milano per sottoscrivere accordi con le imprese italiane, ha accusato esplicitamente i socialisti di aver tentato un colpo di Stato. Berisha ha collegato lestrema violenza messa in atto dai manifestanti nel cuore della capitale albanese con le irresponsabili dichiarazioni di alcuni esponenti di sinistra alla vigilia della giornata campale: «Ciascuno sarà libero di esprimere la sua collera nelle modalità che riterrà opportune», aveva per esempio detto il deputato socialista Eduard Shalsi.
Lopposizione di sinistra accusa Berisha e il suo governo, che è sostenuto dai voti determinanti di un piccolo partito di sinistra guidato dal ministro dellEconomia Ilir Meta, di corruzione e brogli elettorali. Lo stesso Meta si è dovuto dimettere qualche settimana fa, coinvolto in un affare di tangenti che ha fornito loccasione ai socialisti per tentare ieri la spallata di piazza. Obiettivo dichiarato della manifestazione, ribadito da Rama, era quello di ottenere le dimissioni di Berisha e aprire la via a elezioni anticipate: ma molti, evidentemente, hanno preferito ascoltare gli ambigui inviti alla violenza espressi da altri esponenti socialisti.
Entrata nella Nato nel 2009, lAlbania ha un rapporto molto stretto con lItalia che è uno dei principali investitori nel Paese delle aquile. La carenza delle infrastrutture e la diffusa corruzione limitano però ancora le potenzialità delleconomia albanese, che ha conosciuto dal 2004 al 2008 una crescita media del 6 per cento, calata al 3 per cento nel biennio 2009-2010.
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