Titina, Eduardo, Peppino quei tre magnifici litiganti

La lunga stagione dei De Filippo nell’ultimo volume dei Meridiani «Cantata dei giorni dispari»

Con la recente pubblicazione del terzo volume dell'opera di Eduardo (Cantata dei giorni dispari, Mondadori, I Meridiani, pag. 2020), si riapre a posteriori il discorso sui tre magnifici figli d'arte. Creatori di indimenticabili personaggi che già alla lettura proiettano a ritroso, dietro di loro, la sagoma inclinata del palco rischiarata dall'eterno sole di Mergellina. Un sole che tuttavia, all'inizio della loro parabola, non scalda proprio dei privilegiati. Ma il frutto dell'insaziabile appetito erotico del vecchio Eduardo Scarpetta che, quando s'innamorò di Luisa De Filippo, la diciottenne nipote di sua moglie, la gratificò di ben tre creature. Strano ma vero, in questo clan più ingarbugliato del casato degli Atridi regnava un'apparente concordia incoraggiata dalla matriarca Rosa, la sposa di nome e di fatto da tempo assuefatta alle infedeltà del consorte. Di cui si vendicò solo quando disertò il capezzale di Scarpetta morente per far scempio delle famose buste traboccanti d'oro sonante destinate alla prole adulterina.
Di fronte alla realtà dei fatti, il trio Eduardo, Peppino e Titina reagì nel solo modo che conosceva: recitando. Con risultati esaltanti nel caso di Eduardo il cui volto severo invaso da rughe precoci impressionò Renato Simoni, il decano dei critici italiani, che ne scrisse mirabilia quando quello spilungone di trent'anni sfoderò un piccolo capolavoro come Sik Sik l'artefice magico. Dove i modi del vaudeville si stemperano nei toni elegiaci e malinconici che presto saranno indicativi di uno stile. Affinatosi nel '31 quando lo straordinario cantore della sua terra natia dà vita al Teatro Umoristico, la compagine che riunisce la triade, subito consacrata dal trionfo di Natale in casa Cupiello. Da cui tuttavia ha inizio la faida più insa- nabile dal tempo degli elisabettiani. Con Titina esasperata che i fratelli non la vogliano protagonista accanto al marito Pietro Carloni, a stento tollerato dal clan. E con Peppino che, invidioso di Eduardo, tenta invano di fargli il verso in una prosa che è solo l'eco dell'inconfondibile maniera del genio di famiglia.
Capita quindi che per prima Titina lasci la casa comune arruolandosi nella troupe di Nino Taranto e che Peppino mediti e poi esegua una fuga in grande stile. Ma per fortuna Eduardo ha altri compensi: è riuscito o no ad affermarsi unica incontestata maschera di Napoli a spese di Petrolini autore e di Viviani autore? Collaborando addirittura con Pirandello nella stesura scenica dell'Abito nuovo: vedere per credere, signori miei. Ma ora, tramontate le alleanze, sboccia rigogliosa la stagione dell'amore come quello tra Peppino e la sorella di Carloni che segue a ruota l'infatuazione di Eduardo per Dorothy, un'americanina dal biondo ricciolo alla Mary Pickford. E la guerra? Abilissimi nell'eludere gli estremi sussulti di un fascismo nei loro confronti prodigo di inviti, i De Filippo non hanno problemi a riciclarsi. Ne fa fede, tra l'altro, l'amicizia tra Eduardo e Malaparte che sfocia in un'incredibile intesa quando quest'ultimo pone mano alla Pelle mentre l'amico, sullo stesso tema dello sbarco americano in quel di Partenope, licenzia le scene di Napoli milionaria.
Il resto è silenzio? Macché è solo cronaca di un successo che non conosce tregua né frontiere fino alla nomina a senatore a vita nel 1981, giusto tre anni prima della scomparsa dell'autore di Filumena Marturano.

Com'era stato il primo ad affermarsi, Eduardo fu infatti l'ultimo ad andarsene lasciando definitivamente insoluto l'enigma del diritto di primogenitura: è stato o no l'unico autore di quei testi che hanno commosso il mondo?

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