Una tivù di quartiere per guarire i mali del Corviale serpentone della periferia romana

Tutto il mondo è paese, anche se qui stiamo parlando di città. Vedi proiettate su uno schermo le immagini del Corviale, quartiere-serpentone romano lungo un chilometro, e non puoi non pensare al nostro Biscione, o alla diga di Begato. Inguardabili ammassi di cemento con dentro chissaquanta gente, generatori di miseria e delinquenza, pesantissima eredità del boom economico? O piuttosto centri di aggregazione, depositari di un patrimonio culturale «popolare» e, perché no, costruzioni addirittura belle? A dar voce alla seconda ipotesi sono diversi esponenti del mondo dell'architettura, specie in queste settimane, con la rivolta delle banlieues parigine che ha aperto più che mai il dibattito sulle condizioni di vita nelle periferie.
A Genova c'è chi ha cavalcato l'onda e non si è lasciato scappare l'occasione di dar voce alle posizioni più scomode riguardo al problema.
«Pensieri di Architettura» è un solerte gruppo di studenti genovesi che nei giorni scorsi ha invitato in facoltà a tenere una conferenza Osservatorio Nomade, un team di artisti visivi e architetti romani da sempre impegnato in prima linea nel recupero delle zone suburbane della Capitale. Con un comandamento preciso: non distruggere, ma correggere quel che c'è già. E non si parla solo di quartieri-mostro come il sopracitato Corviale, ma anche e soprattutto di campi nomadi.
Gente in prima linea, quella di Osservatorio Nomade, che in pochi anni ha firmato una serie di progetti tra il bizzarro e il coraggioso per tentare un recupero del Corviale. I risultati sono stati presentati nel corso della conferenza ed è come minimo stimolante immaginarli applicati ai nostri «mostri» architettonici. Seguendo alla lettera l'assioma «ascoltare, prima di progettare», il team di artisti ha avuto l'idea di creare una piccola TV locale dedicata al quartiere, Corviale Network, con programmi d'inchiesta che vedono protagonisti gli stessi abitanti (sono circa seimila, ma è difficile fare una stima, vista la quantità di occupazioni abusive). «Era il miglior modo di instaurare un rapporto con la gente che popola Corviale e, allo stesso tempo, di capire i loro problemi ed esigenze», spiega Alexander Valentino, una delle menti del progetto. Da lì si è passati attraverso laboratori sonori e visivi di diverso tipo, che hanno coinvolto soprattutto i bambini delle scuole elementari del quartiere. «Ho frequentato scuole di periferia - è il racconto di Valentino - e vi assicuro che è un'esperienza che rifarei. La cultura che si respira in periferia è un vero e proprio patrimonio da salvaguardare».

Infine, la progettazione vera, con l'ipotesi di costruzione di bar, negozi ed aree gioco negli spazi aperti interni all'edificio. C'è anche l'idea di un non meglio precisato «schermo per i messaggi testuali» e di una zona per i tappeti elastici, ma nel mestiere dell'architetto c'è sempre stata una componente di eccentricità.

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