Tokyo Motor Show, schiaffo allo tsunami

Ha cambiato sede e data il Tokyo Motor Show, aperto al pubblico da domani all’11 dicembre. Per un Paese tradizionalista, conservatore e, se vogliamo, anche piuttosto superstizioso, come il Giappone, un cambiamento così radicale è forse il segnale che sono ormai un ricordo gli effetti devastanti del terremoto, dello tsunami e del fallout radioattivo della scorsa primavera che hanno messo in ginocchio la produzione dei big nazionali già provati sul fronte export dalla forza dello yen. Fino a oggi ospitato nel decentrato quartiere fieristico di Makuhari, dove sono stati celebrati i fasti dell’industria giapponese nelle edizioni a cavallo fra gli Anni ’80 e gli Anni ’90, il Salone nipponico, giunto, con cadenza biennale, alla 42ª edizione, ha trovato una nuova casa nel modernissimo centro espositivo Big Sight, imponente piramide capovolta che sorge al centro della Baia di Tokyo, facilmente raggiungibile con un people mover.
Il mercato dell’auto nipponico, dopo un lungo periodo di stagnazione, comincia a dare segni di ripresa e anche il salone si svolgerà in un clima più sereno rispetto al 2009 quando le case estere disertarono in massa l'evento, riducendolo a una parata assai dimessa dei costruttori di casa. Tornano, dunque, a ranghi completi, i costruttori tedeschi, compresa Porsche, i blasoni inglesi Jaguar e Land Rover della scuderia Tata e le francesi Renault, Peugeot e Citroën, mentre mancano anche quest’anno all’appello i gruppi americani che, del resto, hanno una quota molto limitata delle già esigue vendite di auto straniere in Giappone che nei primi dieci mesi di quest’anno hanno totalizzato 226mila unità su un totale di 1,97 milioni di immatricolazioni.
Le tante novità presentate dalle case ruotano tutte attorno al tema centrale del Salone che è ancora una volta quello della mobilità sostenibile, una problematica molto sentita in un Paese fatto di gigantesche metropoli, con periferie che ormai si toccano e si confondono, dove l’unica soluzione praticabile per rendere l’aria più respirabile è rappresentata dalle auto ibride e elettriche. Smart Mobility City è il «salone nel Salone» voluto dall’associazione dei costruttori locali, la Jama, proprio per raccogliere ed esporre le proposte tecnologicamente più avanzate nella riduzione delle emissioni.
A guidare l’armata del Sol Levante c’è sempre Toyota, per nulla rassegnata, nonostante la riduzione della produzione dovuta allo tsunami e all’onda lunga della vicenda dei richiami in Usa, a cedere lo scettro di primo produttore automobilistico mondiale. L’orgoglio della casa della doppia ellisse è rappresentata dalla vettura più rappresentativa tra le novità esposte, non un’auto ecologica, ma la Gt 86, sportiva pura, erede di una lunga tradizione che Toyota vanta in questa prestigiosa nicchia. Non mancano, ovviamente, i modelli ibridi, come la compatta Aqua Full Hybrid, oltre a quelli elettrici e a fuel cell. Per far provare le sue vetture Toyota utilizzerà una struttura non lontana dal Big Sight che, comunque, dispone di una pista di prove sul tetto. Guidata da Carlos Ghosn, divenuto ormai lo zar della mobilità elettrica, Nissan punta molto, questa volta, anche sulla sua anima sportiva presentando la Juke nella versione realizzata da Nismo, divisione sportiva del brand di Yokohama, che ha già elaborato una Leaf da competizione. Sempre da Nissan debutta la terza generazione del concept Pivo, ora più vicino alla produzione di serie, che perde però l’inconfondibile sfera, ruotante di 180°, che racchiudeva l’abitacolo sulle prime due serie.

Anche la piccola di Nissan è ovviamente elettrica, con i motori nelle ruote, ed è forse il simbolo di questo Salone che appare, complessivamente, un po’ lontano dai problemi attuali della mobilità e del mercato automobilistico.

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