Calmo, posato, riflessivo. Atleta esemplare, persona seria, riservata, mai una parola fuori posto. Barbara, Nicole, Mattia la famiglia, il calcio il lavoro e il computer la passione che avrebbe potuto diventare mestiere dopo gli studi da programmatore. Max Tonetto, trentaduenne esterno mancino della Roma e della Nazionale, si trasforma una volta messi gli scarpini ai piedi: la pacatezza al di fuori del prato verde, della vita di tutti i giorni lascia posto alla furia, all'impeto perpetuo e costante di quelle sue ficcanti sgroppate sulla corsia di sinistra. Veloce, forte, travolgente, come la Bora che soffia a nordest, dalle sue parti.
Nell'estate del 2004, in punta di piedi e a costo zero dal Lecce di Delio Rossi, quel triestino che si stava avvicinando alla trentina arrivò al Doria. Allora, ai più, il nome Tonetto non solleticava alcuna fantasia, anzi: non diceva proprio nulla. Discreto mancino, discreto curriculum tra A e B - che pareva aver toccato il culmine con l'effimero ingresso nell'orbita-Milan alla fine degli anni '90 -, una carriera avviata ad un tranquillo epilogo. Niente di più. Il duttile terzino, che aveva sfiorato il blucerchiato all'epoca di Luciano Spalletti, sembrava infatti rientrare a pieno titolo in quella garroniana politica societaria degli acquisti a parametro zero, di secondo piano, da squadre di medio-bassa classifica, destinati a scampoli di carriera o poco altro. In realtà, nel biennio doriano, Tonetto sovvertì i pronostici e divenne un punto fermo, una pedina inamovibile nello scacchiere di Walter Novellino. Coperto in difesa dall'emergente Pisano, il mister di Montemarano, fin dai primi giorni del ritiro di Moena, dirottò l'eclettico Max sulla linea dei centrocampisti: quarto di sinistra, posizione rivestita in passato, in mediane a 5, ma mai in un 4-4-2. L'intuizione dolomitica si rivelò felice, oltre le più rosee previsioni. Il mancino friulano disputò splendide stagioni, finì tra i migliori esterni italiani e segnò 8 gol in due campionati.
Al termine di un finale di 2005-06 deprimente per la squadra ed in leggero calo sul piano personale, non trovato l'accordo per il rinnovo con i dirigenti blucerchiati, Tonetto finì alla Roma di Spalletti - suo tecnico a Empoli - dove oggi, tornato alle origini di terzino e convocato per la prima volta in azzurro da Donadoni, non ha ancora trovato la via della rete, ma continua a spingere, spirare ancora, più forte di prima. Come la Bora dalle sue parti.
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