Torino, Chiamparino ammette «Infiltrati tra gli ecoribelli»

Il sindaco ds avvisa gli alleati: «Chi non vuole la Tav si trovi un altro candidato»

Stefano Filippi

nostro inviato a Torino

Due giorni fa Sergio Chiamparino, sindaco ds del capoluogo piemontese, ha riunito assessori e capigruppo della maggioranza per annunciare che entro Natale scriverà ai torinesi una lettera. Che non piacerà a Rifondazione, Verdi e Pdci.
Quando partiranno le missive?
«Prima di Natale: ho scritto una bozza, presenterò il testo definitivo al momento opportuno, voglio capire come evolve la protesta sulla Tav. Sarà una lettera di cinque o sei pagine, con bilancio e programmi. Ma un punto è già chiaro».
Quale?
«Una cosa semplice, di buon senso. Questa: un'alleanza deve fondarsi su una condizione pregiudiziale e fondamentale, comune a ogni patto politico e programmatico, cioè che il pluralismo deve andare d'accordo con il principio di maggioranza».
Tradotto dal politichese, significa...
«Significa che, nell'alleanza, non è obbligatorio pensarla tutti alla stessa maniera, ma nessuno deve remare contro. Nella lettera userò proprio la metafora della voga: se siamo tutti nella stessa barca, capisco che su un tema specifico qualche rematore non si impegni come gli altri, ma chi rema contro fa rovesciare l'intera imbarcazione».
Pensa che Rifondazione, Verdi e Comunisti italiani remino contro?
«Io non penso nulla, dico quella che per me è una condizione fondamentale per l'intesa. Vale per ogni partito dell'Unione».
Sulla Tav quale sarà la discriminante?
«Molto semplice: Torino si inserisce in un contesto che comprende l'alta capacità ferroviaria. La nostra città non può prescindere dai collegamenti con la Francia, Milano e Genova».
Quindi la Tav è indispensabile.
«Sì».
Quindi Prc, Pdci e Verdi sono fuori dall'Unione, se non la approvano.
«Almeno non remino contro. La nostra coalizione è pluralista, esistono differenze anche tra noi e la Margherita. Il nodo è il principio di maggioranza: nessuno deve andare contro quello che decide la maggioranza della coalizione. Un principio direi etico, non solo di tecnica parlamentare o politica. E questo vale non solo per la Tav».
Faccia un esempio.
«Il termovalorizzatore per i rifiuti. Dopo anni abbiamo finalmente trovato una zona tra Mirafiori e Grugliasco dove costruirlo, stiamo predisponendo il bando di gara per il progetto, i lavori cominceranno nel 2007: non voglio pensare che fra due anni, se sarò ancora sindaco, mi troverò la fotocopia di Venaus davanti all'inceneritore».
Ha qualcosa da rimproverare a Rifondazione?
«Nulla, non è nella mia maggioranza...».
Ma lo è alla Provincia di Torino, alla Regione e sta trattando con Prodi un accordo nazionale.
«Io parlo della maggioranza che sosterrà me nell'elezione del sindaco. Certo, mi auguro che il principio di maggioranza sia valido anche a livello nazionale, ne va della credibilità complessiva del programma dell'Unione».
Marco Calgaro, segretario torinese della Margherita nonché suo vicesindaco, ha detto che l'accordo con Rifondazione non è indispensabile e che prima di costruire alleanze la sinistra deve confrontarsi sui programmi. Concorda?
«In pieno».
Dunque nessuna alleanza con chi non vuole la Tav?
«Chi ha idee diverse trovi un candidato e corra da solo».
Non le pare che il metodo torinese «prima il programma e poi l'alleanza» sia esattamente opposto a quello seguito da Prodi, che ha fondato l'Unione senza un programma comune?
«Non sono di quelli che pensano che la politica sia fatta soltanto di grandi progetti. Prima delle alleanze bisogna porre dei discrimini, è vero, ma con attenzione perché si rischia di fare alleanze a geometrie eccessivamente variabili».
Troppo trasversali?
«Un eccesso di pragmatismo sfocia in un programma indistinto. Ci vogliono pochi messaggi programmatici chiari da discutere sui quali ognuno si deve assumere le proprie responsabilità. Rifondazione è libera di prendere posizione, poi però deve essere responsabile».
Vuol dire che, una volta al governo, Bertinotti dovrebbe dire basta alle manifestazioni e tagliare i ponti con i movimenti antagonisti?
«Deve fare una scelta. Non che dica “sì alla Tav”, ma almeno che non vada alle manifestazioni contro. Per i cittadini non è bello vedere una parte della coalizione che fa e una che disfa. Io ne so qualcosa».
Lei come sindaco di Torino?
«Nella mia maggioranza una parte dei Verdi (sottolineo: una parte) in cinque anni non ha mai dato sostegno a una sola iniziativa mia. Mai. Eppure i Verdi hanno un assessore e un consigliere comunale che hanno trainato aspetti fondamentali del programma. È anche un effetto deleterio del sistema proporzionale reintrodotto dal centrodestra, lo dico a lei del Giornale. Il troppo peso attribuito ai voti di lista sarà devastante».
Il progetto Tav non porta soltanto le firme di Berlusconi e Lunardi, ma anche quelle di Prodi, D'Alema, Amato. La sinistra non è stata debole nel difendere un progetto che essa stessa ha voluto?
«Non mi sembra. Io non mi rimprovero nessuna timidezza, ho sempre sostenuto il progetto con determinazione ma senza arroganza, proponendo modifiche e mediazioni. E dalle dichiarazioni che ho visto, la sinistra non estrema ha difeso la Tav».
E le dichiarazioni che non ha visto? Prodi è stato zitto e i vertici dell'Unione non si sono mai fatti vedere in Val Susa.
«Mi pare che Prodi abbia ricalcato le dichiarazioni di Ciampi che il collegamento ferroviario è strategico e si deve fare. Il problema è evitare gli opposti estremismi, del governo e dei manifestanti».
I manifestanti sono un tantino più estremisti del governo, o no?
«Bisogna distinguere. Un conto sono i valligiani, un conto i partiti “no Tav” e un altro ancora gli infiltrati. L'altro giorno a Torino la manifestazione si è svolta pacificamente finché, al momento buono, un gruppo di 200 persone annidate nel corteo ha vandalizzato edifici, sfasciato auto e mandato all'ospedale due vigilesse. Tutti hanno condannato la violenza, e va bene, ma bisognerebbe stare attenti prima. Quei 200 li conosciamo, bisogna isolarli e disertare le manifestazioni cui partecipano. Le lacrime di coccodrillo servono a poco».
Allora Berlusconi ha ragione quando denuncia il rischio di infiltrazioni eversive.
«No, Berlusconi non ha mai ragione, per definizione... (ride).

Esiste un'area che non saprei nemmeno come definire, appartiene a una geografia politica i cui contenuti mi sfuggono, che tende ad allargare la protesta a tutta Italia. Sarebbe ora di prendersi qualche responsabilità anche su questo versante».

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