Tormentone Ma almeno in politica risparmiateci le vuvuzelas

Lo sapevamo che sarebbe finita così. Non ci siamo neanche illusi di un barlume di serietà. La politica italiana non si lascia mai sfuggire le boiate partorite dallo sport. Il popporoppoppopò del 2006, le magliette indossate in Aula: se c’è qualcosa di becero nell’aria, sicuri che il Palazzo lo attira. E qual è il fenomeno da baraccone odierno? Le vuvuzelas. Logico dunque che le insostenibili trombette spuntassero come funghi alle feste di partito. È accaduto a Roma, nella platea del Pd. Pure i leghisti le hanno adottate, in barba al fatto che sono aggeggi da (finti ) vu’ cumprà. È una demenza bipartisan: tutti a soffiare in questi affari che già ci tartassano l’anima dalla tv, quando per 90 minuti più recupero pare di avere un nido di vespe sotto il divano. Ok, tra maggioranza e opposizione è ormai un derby tra hooligans, però a tutto c’è un limite. Fate un ddl, una legge costituzionale a maggioranza qualificata, ma tenete le vuvuzelas fuori dalla politica.

È questione di tempo e dai sostenitori passeranno in mano ai deputati: a Veltroni ricorderanno l’amata Africa, Di Pietro le userà in chiave anti-Cav, e - se a Berlusconi piaceranno - a Fini daranno fastidio e viceversa. Finirà che sostituiranno il campanello dei presidenti di Camera e Senato: 144 decibel di omologazione del ridicolo. Fermatevi, bimbi: non costringete il maestro Napolitano a ritirarvele.

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