Letteratura

Tornano i folli noir di Andrea G. Pinketts. Raccontano Milano con piglio surrealista

Partendo da "Lazzaro, vieni fuori" HarperCollins ripubblica l'opera dello scrittore morto nel 2018

Tornano i folli noir di Andrea G. Pinketts. Raccontano Milano con piglio surrealista

Del Salone del libro di Torino c'era un'unica cosa davvero interessante: Andrea G. Pinketts che si aggirava con sigaro e cappello, ed eri subito in uno dei suoi romanzi. Perfino Milano non è più la stessa Milano senza di lui. A quattro anni passati dalla sua morte, mi aspettavo che i suoi libri fossero ripubblicati da Adelphi, ma per Adelphi quattro anni sono pochi, devi essere stramorto. Mondadori boh, pensavano a altro, Feltrinelli idem. Ci ha pensato HarperCollins, onore al merito, iniziando la ripubblicazione di tutti i suoi romanzi, a partire da Lazzaro, vieni fuori. Lazzaro Santandrea, l'investigatore più surreale che si sia mai visto in un romanzo noir. Incipit: «Per molto tempo sono andato a letto tardi. La differenza tra me e Proust».

Che poi quelli di Pinketts mica erano noir normali, erano tutto un mondo pinkettsiano, anche linguistico, perché aveva «il senso della frase», titolo anche di un suo romanzo con protagonista Lazzaro Santandrea. Lui diceva di avere il senso della frase («non so sciare, non so giocare a tennis, nuoto così così, ma ho il senso della frase»), ed era questo che distingueva uno scrittore da un non scrittore, o da un autore di romanzi come un altro, da Premio Strega: far sì che ogni frase sorprenda, spiazzi, abbatta un cliché, deformi la realtà per crearne un'altra parallela. Nel caso di Pinketts assurda, comica, paradossale.

Tant'è che i suoi «noir» sono indescrivibili dal punto di vista della trama senza leggerli, non li puoi raccontare se non ti ricordi l'inanellamento delle frasi. Tipo: «Come esci dall'utero te lo mettono nel sedere: è la prassi». Oppure: «La vita è un cortometraggio. Hai voglia di fare un kolossal ma non basta la pellicola». Oppure: «Mi svegliai con il viso sprofondato nel pelo pubico di una sconosciuta. Avevo trentacinque anni. Come dire: Nel mezzo del cammin di nostra vita/ mi ritrovai in una selva oscura».

Una cosa è certa: Lazzaro Santandrea esisteva, era lo stesso Pinketts, che trasformava Milano in polizieschi pazzi con babbinatali killer, Cappuccetti rossi in fuga, una bambina figlia di due novantenni che ha l'hobby di avvelenare piccioni e vuole passare all'uomo (giustamente), la Madonna che appare a un Lazzaro mai sobrio ma porta a una serie di conseguenze disastrose, tanto da fargli riflettere sul fatto che Gesù avrà pagato per tutti noi, come dicono, ma gli viene il dubbio in realtà che non abbia pagato neppure per l'Ultima cena. Di sicuro Pinketts, fosse vissuto negli anni Dieci del secolo scorso, sarebbe stato reclutato da André Breton tra i surrealisti più sfrenati, e la missione del Surrealismo era svelare la realtà mettendone in evidenza i paradossi.

L'ho conosciuto tardi, di persona, Andrea, due anni prima che morisse, e non l'avevo mai letto perché avevo un pregiudizio noir. Fece irruzione a una presentazione di un pamphlet che avevo scritto con Vittorio Feltri, ne parlavamo con Giulio Giorello, ma era una presentazione smorta perché pensavamo solo ad andarcene. A un certo punto si spalancò la porta e apparve lui, giacca rossa, in testa uno dei suoi inconfondibili cappelli, bellissimo, e con il suo vocione da cow boy disse: «Allora, che succede qui?». Da quel momento tutto cambiò, tutto si pinkettsizzò.

Ci siamo scambiati alcuni dei rispettivi libri, e in quell'anno abbiamo fatto un tre o quattro aperitivi insieme, a Milano. Non era d'accordo con me su alcune cose, ma si riusciva a parlare senza litigare (perfino degli Ufo), perché in fondo non prendeva niente sul serio, non prendeva il mondo sul serio, figuriamoci me. Aperitivi si fa per dire, con Andrea potevi passare di bar in bar tutto il giorno, a bere, e tutto intorno diventava pinkettsiano. D'altra parte tutti i suoi libri sono stati scritti al bar, in molti bar di Milano, tra cui il White Bar di via Vincenzo Monti, il Bar Magenta a Corso Magenta, il Bar Socrate in Via Festa del Perdono, il Bar Tre Gazzelle in Corso Vittorio Emanuele, lo storico bar le Trottoir, ora in piazza XXIV maggio.

Mi parlava sempre di Alexa, la sua musa, la sua amante, la donna che gli aveva «salvato la vita», e un giorno mi chiamò per lamentarsi di una mia recensione al suo ultimo libro, illustrato da Alexa, perché di lei avevo scritto solo il nome e non il cognome. Si incazzarono pure le femministe. In effetti avrei dovuto, forse anche io non lo presi troppo sul serio, Alexa di qua, Alexa di là, a un certo punto credetti che Alexa fosse un'altra invenzione pinkettsiana e non esistesse, che fosse una parodia di Alexa di Amazon.

Per cui, per chi non lo avesse mai letto, vi consiglio di andare a comprare subito la nuova edizione di Lazzaro, vieni fuori, mentre per quanto mi riguarda riparo al torto, il libro era E dopo tanta notte strizzami le occhiaie, illustrato da Alexa Sollazzo, artista pinkettsianissima. L'anno in cui si ammalò non lo sentii più, credevo stesse lavorando a un nuovo libro, credevo fosse diventato misantropo come me.

Ma prima di morire per terribile tumore alla gola, ci lasciò con una frase degna di lui: «È stata colpa mia, il sigaro lo perdono».

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