Tornano le interviste antipatiche che fanno notizia

Belpietro: «Non siamo più in par condicio, sceglieremo il “faccia a faccia” tutte le volte che sarà necessario»

Paolo Giordano

da Milano

D’accordo, è il mio direttore, non posso che parlarne bene (mi ha pure preso al Giornale). E quindi tagliamo subito la testa al toro: la rubrica delle affettuosità giornalistiche del noto settimanale è già prenotata. D’accordo.
Però: rieccole, tornano in tv le interviste antipatiche. Tutte le sere, dal lunedì al venerdì, nella seconda serata di Retequattro, poco dopo le 23. Incalzanti, naturalmente. Anche stavolta Maurizio Belpietro, che ha rispolverato questo genere televisivo, non cambia formula, semmai la arricchisce, confermando quello che è il Dna del programma, svestito del formalismo bizantino che imbelletta la tivù. «Ci occuperemo, come sempre, di cronaca e politica», dice lui fermandosi per un istante liberatorio prima di sottolineare che «non saremo in regime di par condicio come nell’ultima edizione». Svincolato quindi dallo sterile bilancino che soppesa e cronometra interviste o servizi, L’antipatico sarà ancor più agile e aggressivo perché «il format è finalmente libero e quindi faremo il “faccia a faccia” tutte le volte che ci sembrerà opportuno farlo, seguendo l’impulso e le leggi della cronaca». Una novità saranno le «settimane monotematiche» perché «ci sono argomenti come l’Islam o la questione indulto che non possono essere sviscerati in pochi minuti».
Questa sera la puntata sarà dedicata a Maria, la bambina bielorussa i cui genitori affidatari italiani impediscono il rientro nell’orfanotrofio a causa di presunti abusi subiti. Ospiti in studio, i due genitori, il sostituto procuratore del Tribunale di Roma, Simonetta Matone e la presidente dell’associazione volontariato Piccolo Mondo, Raffaella Candoli. Poi domani, chissà. Scandito dalla cronaca, L’antipatico non ha una scaletta prestabilita, nasce giorno per giorno e sfrutta il lavoro di aggiornamento della redazione. «All’inizio - spiega Belpietro - ero pressoché da solo a documentarmi. Per me è impossibile fare una buona intervista senza essersi informati bene. Tanto più che le mie interviste sono essenziali, non hanno domande da un quarto d’ora e non concedono risposte svicolanti». E se la attaccano, come fece Vanna Marchi? «Io non mi scompongo, non ho problemi a insistere o a interrompere l’intervistato per arrivare al mio obiettivo. E andò così anche quella volta». Belpietro è diventato il simbolo dell’intervista senza giri di parole, anzi «essenziale» come sottolinea lui. «Non faccio manifesti, cerco di scoprire ciò che vorrebbe sapere la gente a casa».
Certo, qualche volta davanti alle telecamere la temperatura si alza. Al Bano prese baracca e burattini a metà del programma e se ne andò. Invece Gianfranco Vissani rimase a bocca aperta, si barcamenò e alla fine lasciò lo studio con gli occhi bassi. Aveva detto: «Chi spende più di 180mila lire per mangiare fuori non capisce nulla di cucina». Ma un collaboratore dell’Antipatico si era seduto al tavolo del suo ristorante a Cannitello, vicino a Todi, e se ne era uscito con un conto che era quasi il doppio. «Ho confrontato le parole con i fatti e allora gli ho chiesto una spiegazione, niente di più».
Però questo è un rituale ormai in disuso, almeno nei principali palinsesti televisivi. Le interviste, e gli esempi sono anche recentissimi, spesso si rivelano semplici conversari, o inoffensivi salamelecchi anche perché «l’intervistato o non risponde o cambia discorso e tutti glielo concedono». Paolo Cento, però, non ha potuto farlo. In una puntata che andrà presto in onda, Belpietro gli ha chiesto «come può un no global essere coerente e diventare, com’è diventato lui, sottosegretario delle Finanze, cioè difensore dei parametri di Maastricht che sono uno degli emblemi della globalizzazione». Non si sa se Cento abbia adottato la strategia Al Bano o quella, più modesta, di Vissani.
Quando è iniziato questo programma, spiega Belpietro, «mi son ispirato alle interviste di Giovanni Minoli, ma lui è più riflessivo. Io invece non mi imbarazzo a interrompere o a incalzare per arrivare al punto».

Fatto sta che oggi, oltre alle interviste antipatiche, in tv ci sono anche quelle «barbariche», o quelle «pomeridiane» (ex mattutine) di Costanzo, a dimostrazione che l’intuizione è stata vincente e che, nel pubblico, la voglia di informazione senza filtri è ancora tanta.

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