Torturato e ucciso per settecento euro

MASSACRO La vittima picchiata per tre ore. Potrebbero esserci altri complici

Un barbiere dominicano e uno scarso giocatore di baseball suo connazionale. Insieme a marchiare un omicidio feroce, spietato e «povero». Hanno torturato e ucciso un uomo per settecento euro.
Il primo giorno del nuovo anno sono finiti in manette. Armando Tealdi, schivo ed introverso pizzaiolo partito cinque anni fa dal Piemonte per aprire un ristorante a Fenis, sperduto borgo della Val D’Aosta non aveva segreti. Nessun movente passionale, niente questioni di sesso, nemmeno debiti, almeno secondo gli investigatori. Eppure al mosaico di questo giallo di provincia, forse manca ancora qualche tassello. Perché tanta violenza? Perché qualcuno non ha raccontato tutta la verità?
L’assassino, dicono adesso i carabinieri, è un suo vicino di casa. Cristian Abreu Candelario, 32 anni. L’ex barbiere portato in caserma per l’ennesimo interrogatorio all’improvviso è crollato. Confessando, raccontando le tre ore da «macellaio» passate nella casa della vittima e coinvolgendo un altro uomo, Victor Manuel Saijas Cuevas, 25 anni, lui bloccato il pomeriggio dell’altro ieri alla Stazione centrale di Milano. In tasca aveva il cellulare della vittima. Un personaggio, conosciuto, almeno in zona: gioca nel ruolo di interno nella prima squadra, in C1, nell’Aosta Bugs, la società valdostana di baseball.
La svolta sarebbe arrivata dopo il ritrovamento della Skoda rubata alla vittima dagli assassini dopo l’omicidio e abbandonata a venti chilometri di distanza.
Terribile la ricostruzione del delitto. L'assassino e il suo complice avrebbero suonato a casa di Tealdi che, ignaro, ha aperto la porta in pigiama. Immediata l’aggressione. Il pizzaiolo è stato colpito in maniera violenta con un mortaio da cucina, poi legato con un cavo del computer, prigioniero dei suoi aguzzini che hanno continuato a minacciarlo e picchiarlo, per farsi consegnare l'incasso degli ultimi giorni: 700 euro per tre ore di martirio, prima di essere strangolato con il cavo di un computer.
Quindi la fuga, non prima di aver richiuso la porta di casa a chiave e rimesso le chiavi nel posto segreto in cui la vittima le nascondeva.
Particolari preziosi, segni inequivocabili del fatto che vittima e killer si conoscessero.
Ma manca ancora qualcosa. Secondo i carabinieri alcune persone ascoltate nei giorni scorsi potrebbero aver omesso qualche elemento utile, da loro conosciuto.

E proprio su questa ipotesi sono al lavoro gli investigatori che stanno vagliando alcune posizioni. Secondo quanto si è appreso, in particolare, per uno dei testimoni reticenti potrebbe essere imminente l’iscrizione nel registro degli indagati con l’accusa di favoreggiamento. E qualcun altro rischia stessa sorte.

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