Frustati con cinghie e cavi elettrici, bruciati con il ferro da stiro rovente, punzecchiati con un forchettone. Era questo il trattamento quotidiano di due zingarelli di 10 e 11 anni se si rifiutavano di rubare oppure portavano pochi soldi a casa. Fino a quando, fermati dalla polizia, i piccoli hanno preferito restare in comunità piuttosto che rientrare in famiglia. Facendo così scattare gli accertamenti che si sono conclusi con l’arresto dei genitori e della nonna per «riduzione in schiavitù». Ora rischiano una condanna fino a 30 anni.
Una vicenda che sembra uscire da un racconto di Charles Dicklens, lo scrittore famoso per aver raccontato la vita miserabile dell’Inghilterra vittoriana. In particolare di Oliver Twist, orfanello sfruttato dal perfido Fagin, con botte, minacce e lusinghe. Più o meno quello che facevano nonna, 59 anni, padre, 27, e madre, 26, dei due fratelli. Costretti e elemosinare o rubare fin dal 2007. Una rendita sicura quei due ragazzini e per poterla incrementare i genitori avevano deciso di «incrementare» ogni anno l’investimento, mettendo al mondo altri otto bimbi, il più piccolo appena otto mesi fa.
In attesa che i fratelli crescessero erano loro a mantenere l’intera famiglia. La scuola vera non l’hanno mai conosciuta, ma quella della strada si. Come scassinare serrature, introdursi nelle case, sfilare portafogli, impietosire passanti per chiedere la carità. E quando tentennavano erano botte, cinghiate, ustioni. Per renderli più svegli e reattivi il padre una volta era arrivato anche a farli «tirare di cocaina». Superando in questo perfino la fervida fantasia di Dickens. Anima nera della banda la nonna, una sorta di «megera» da fiaba gotica, l’unica con precedenti: picchiava infatti un’altra nuora per mandarla a rubare.
L’incubo finisce a dicembre quando una volante ferma casualmente i due piccolini in giro per la strada. I ragazzini vengono affidati a una comunità mentre si cercano i famigliari a cui affidarli. Viene rintracciata la «vecchia strega» che puntuale si presenta per recuperare la sua fonte di reddito. In istituto però succede una cosa inaspettata: i bambini la respingono, dicendo anzi che proprio non vogliono tornare in famiglia. I servizi sociali di fronte a questa reazione, più unica che rara, avvertono la polizia e la squadra mobile avvia un’inchiesta. In breve gli investigatori scoprono come la famiglia, originaria della ex Jugoslavia, fosse solita spostarsi con la nidiata di bambini per l’Italia dal Piemonte alla Sicilia, passando per la Sardegna. Usando i figli più «grandi» come sostentamento fin dal 2007, quando dunque avevano 6 e 7 anni.
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