Bagnone ha deciso che no, proprio non vuole fare brutta figura. Come fa il borgo della fortuna, il mini paese dove nel 2009 sono piovuti 148 milioni di euro, ancor oggi la più alta vincita mai realizzata al Superenalotto, a rifiutare solidarietà? Nella ricca Toscana, culla del buonismo, se un povero profugo bussa alla porta, il ricco non può sbattergliela in faccia.
Così, quando nel bellissimo paesino in provincia di Massa Carrara, arrivano tredici rifugiati dalla Libia sbarcati a Lampedusa, parte una vera e propria gara di solidarietà. Si spalancano le porte dell’ostello in piazza. Il comfort e la qualità della sistemazione non fanno una piega. E per la sistemazione se ne vanno 17 dei 46 euro al giorno di rimborso messi a disposizione dallo Stato. Non si può mica far la cresta sugli ultimi del mondo. E allora il Comune decide di assoldare due donne per fare le pulizie nelle camere. Anche per pranzo e cena il sindaco e l’amministrazione ci tengono a far bella figura. Nel borgo dei miracoli la manica larga è un obbligo: e così la prima colazione viene servita direttamente nell’elegante bar in piazza, mentre pranzo e cena al ristorante. «Naturalmente convenzionati» - ci tiene a sottolineare il sindaco, Gianfranco Lazzeroni.
E i paesani? Accoglienza qui è una parola d’ordine a cui non si sfugge. Ma qualche malumore comincia a serpeggiare. C’è chi a mezza bocca butta là il dubbio: ma almeno le camere non potevano pulirsele da soli? Possibile che la vita da rifugiati debba trasformarsi in villeggiatura?
I borbottii incalzano, ma sempre sotto traccia. A dire certe cose ad alta voce da queste parti ti becchi subito il marchio di razzista. Il sindaco però capisce l’antifona e prova una soluzione alternativa, meno sfacciata: una foresteria con cucina di proprietà del Comune. L’esperimento però fallisce dopo meno di un mese. I profughi non vanno d’accordo tra loro, i litigi sono all’ordine del giorno, accendono i riscaldamenti nonostante sia estate. Così vengono riportati nell’ostello. Lì effettivamente è un’altra vita. Non c’è il problema di cucinare, di pulire. Servizio di lusso. «Tutti hanno paura a parlare per non passare per razzisti- dice una signora di Bagnone che implora di mantenerla anonima. - Però non mi sembra giusto. Sono ragazzi giovani e forti. Perché devono passare le giornate al bar a oziare?».
Un’associazione prova a smuovere le acque coinvolgendo i rifugiati nel servizio di accompagnamento per i bambini della scuola materna. Li aiutano a scendere e a salire. Un compito semplice, ma delicato. E a Bagnone nessuno può dire di conoscere la storia di questi profughi. «All’inizio non riuscivo a crederci - mormora una mamma-. Non sappiamo niente di questa gente. Lei lo lascerebbe in mano loro il suo bambino?». Neppure il marito della signora è molto convinto: «Sappiamo solo che sono fuggiti dalla Libia. E se fossero scappati da qualche prigione? Non parlano neppure italiano. Come fanno a comunicare con i bimbi?». Le voci si fanno sempre più insistenti. Le mamme e i papà si lamentano: «Non sarebbe meglio fargli fare lavori di giardinaggio?». Qualcuno guarda all’amministrazione di Berceto, il cui sindaco Luigi Lucchi ci tiene a sottolineare la differenza: «Da noi - racconta - ne sono arrivati otto. La mattina lavorano. Hanno appena finito di verniciare le panchine e aiutato a sistemare le strade».
A Bagnone, invece, l’altra sera la goccia che fa traboccare il vaso. «Eravamo in piazza io e alcune amiche quando è passato uno di questi ragazzi - racconta una signora che abita in centro.
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