Un tragicomico Re Lear racconta le grandi passioni

Raffinato uso del linguaggio e ottima prova della compagnia dello Stabile, primo fra tutti Eros Pagni

Un tragicomico Re Lear racconta le grandi passioni

La vita di un vecchio uomo che diviene pazzo, ma anche quelle di donne e uomini che gli stanno attorno, il tutto sospeso tra avventura e follia tra comprensibile e inafferrabile, questo è Re Lear, un classico assoluto del teatro, che nella rilettura rigorosa e moderna della Compagnia del Teatro Stabile di Genova, porta in primo piano la dimensione di una storia arcaica, ambientata in un mondo barbarico e attraversata dalle grandi passioni primordiali che stanno alla radice dell'umanità di ogni tempo. Una tragedia nella quale il male è qualcosa di assolutamente ordinario, che riposa nel cuore di quella gente che mai si sospetterebbe capace di azioni malvagie, una tragedia che più di altre è ricca di tematiche universali, prima fra tutte la lotta generazionale, il conflitto e l'incomprensione tra padri e figli, nonché la brama di potere a cui si associano il sospetto, l'eterna lotta fra i buoni e i cattivi, fra la giustizia e il suo contrario. Il tutto fondato su un raffinato uso del linguaggio, che nella nuova traduzione italiana affidata a Edoardo Sanguineti diventa colonna portante dello spettacolo.
Il tragico e comico strettamente correlati in Re Lear, trovano in un attore del calibro di Eros Pagni, così predisposto, come dice il suo regista, al tragicomico, il giusto tono shakespeariano per dar forza non solo al suo personaggio, ma all'intero spettacolo, così come la violenza al femminile costruita intorno ai tre personaggi donne alle prese con il potere, è ben definita dalla regia che Marco Sciaccaluga ha disegnato per le tre attrici protagoniste. Le due sorelle «cattive», Goneril e Regan, interpretate rispettivamente da Orietta Notari e Alice Arcuri, in fondo sono due persone normali che reagiscono istintivamente alla nuova personalità del padre, nonché al nuovo ruolo di potere di cui sono state investite. Differente la figura della figlia minore, Cordelia, interpretata da Fiorenza Pieri, in cui più che la bontà d'animo, viene raccontata l'inadeguatezza di fronte alla decadenza mentale del padre. Un'inadeguatezza che porta al disastro e che fa di Cordelia un personaggio quasi paradossale che dovrebbe e vorrebbe essere positivo, ma non ci riesce e soccombe. Ottima l'interpretazione dell'intera compagnia in cui spiccano Massimo Mesciulam (Kent), Nicola Pannelli (Edmund) e Vito Saccinto (il Fool), una compagnia che esplica la sua gestualità e fisicità in una scena che è un grosso tendone che ricorda quello dei popoli nomadi della Mongolia, ma anche quello di un circo.

Una scena in fondo semplice, ma in cui Valeria Manari ha lasciato ad hoc lo spazio vuoto perché i corpi degli attori costruissero quel valore aggiunto che il loro corpo ha saputo donare oltre alla recitazione. Repliche fino al 3 novembre.

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