Controcorrente

Il tramonto del "mestiere"

Il mercato della prostituzione è in crisi. Non per la pandemia o per le difficoltà economiche, ma per un declino "strutturale" iniziato almeno un secolo fa. È la tesi dell'ultimo libro del sociologo Marzio Barbagli

Il tramonto del "mestiere"

«Vede, si parla sempre di professione più antica del mondo. E l'espressione riflette l'idea di un fenomeno naturale e immutabile, che c'è sempre stato e sempre ci sarà. Come se non ci fosse una storia, un cambiamento. È un concetto sbagliato». Marzio Barbagli, professore emerito di sociologia all'Università di Bologna, ha appena pubblicato per il Mulino il frutto di anni di ricerche: Comprare piacere, storia della sessualità e della prostituzione dal Medioevo ad oggi. «Nell'arco di otto secoli c'è stata un'evoluzione profondissima. C'è stato un picco quantitativo, che potremmo situare intorno agli ultimi decenni dell'Ottocento, e poi a partire dalla fine di quel secolo è iniziato un declino, che continua e si è accelerato negli anni più recenti».

STRACCIONI E MENDICANTI

La storia, a dir la verità, potrebbe iniziare dall'espressione già citata: «professione più antica del mondo». Viene usata come fosse il frutto di un sapere popolare e senza tempo. Invece ha un autore preciso e un anno di nascita: Ruyard Kipling, 1888. Kipling, cantore dell'impero britannico, la impiega nel racconto («Sulle mura della città»), dedicato a Lalun, bellissima e raffinata etera che vive e lavora a Lahore, nell'attuale Pakistan. Quanto alla storia della prostituzione Barbagli inizia il suo racconto tra il 1200 e il 1300. L'urbanizzazione legata alla rinascita economica medievale porta nelle città europee «una popolazione fluttuante costituita, oltre che da donne (e da uomini) disponibili a prestazioni sessuali a pagamento, da miserabili di ogni tipo, pezzenti, straccioni, mendicanti». Un po' dappertutto gli archivi segnalano le preoccupazioni delle autorità. E dappertutto la reazione è orientata alla repressione.

Poi l'atteggiamento cambia: nel 1360 il Maggior Consiglio della Repubblica di Venezia fa mettere agli atti un nuovo principio: «Le peccatrici sono assolutamente necessarie in questa terra». È la sintesi migliore per spiegare quello che succede in tutte le città dell'epoca, che creano postriboli pubblici o a stretto controllo pubblico. Il primo viene creato a Valencia nel 1325 da re Giacomo II d'Aragona. Fino alla metà del XVII secolo resterà il più grande e il più famoso bordello d'Europa.

Il «sozzo e abominevole vizio» del meretricio, come scrive un cronista dell'epoca, resta un male, ma un male minore. Serve a evitare che le «donne oneste» siano coinvolte nell'infame commercio, che i loro costumi vengano corrotti o, peggio, che si diffonda l'altro vizio, ancora più spregevole, quello «contro natura», la sodomia.

Alla base di tutto c'è una doppia morale. È vero, dicono filosofi e teologi, ogni creatura di Dio è tenuta alla castità. Per chi non ce la fa, c'è il matrimonio. Ma nel matrimonio l'adulterio della donna è molto più grave di quello del marito. Se non altro perché, come scrive San Tommaso d'Aquino, rende «dubbia la prole» e «introduce in casa i figli di un estraneo». Papa Innocenzo IV, un paio di secoli prima, aveva teorizzato i fondamenti teologici della diversità nella colpa: l'infedeltà del marito è maggiormente giustificabile di quella della moglie, perché quest'ultima assomiglia alla Chiesa, il primo invece a Cristo, e la Chiesa può avere solo uno sposo. Non vale, a scusare la donna, il fatto che contrariamente a quello che si penserà dal Settecento in poi, al sesso femminile viene attribuito un appetito sessuale superiore o almeno uguale a quello dell'uomo: «La concupiscenza carnale in loro è insaziabile», scrivono due frati domenicani nel Malleus Malleficarum, testo di riferimento per la lotta contro gli eretici.

PARIGI CAPITALE

Su questi binari crescerà per secoli il mercato del sesso, che avrà centri di irradiamento e luoghi elettivi. «Parigi fu considerata la capitale europea con il più florido mercato di sesso mercenario», scrive Barbagli, «almeno dal 1721, anno in cui Montesquieu la definì la città più sensuale del mondo e la più raffinata in fatto di piaceri». Gli scrittori dell'epoca descrivono l'enorme quantità di bordelli per tutti le classi sociali e per tutte le borse. Ma si poteva comprare sesso praticamente in ogni taverna o in ogni luogo pubblico. Un'ordinanza di polizia del 1778 segnala che le «filles de joie», «hanno l'audacia di mostrarsi durante il giorno alle loro finestre, da dove fanno segni ai passanti per attirarli, e di fermare per strada le persone di tutte le età e di tutti i ceti».

Nelle altri grandi città europee accade lo stesso: Amsterdam, Amburgo, Londra. E l'Italia non fa eccezione. Nel Settecento a Napoli i resoconti degli osservatori denunciano la «assai strabocchevole quantità» di «infamissime meretrici» e deplorano la presenza di «tanti lupanari quanti sono i cantoni». E si potrebbe continuare di località in località.

Ma un fenomeno che prospera sulla doppia morale inizia un «declino secolare» quando questa inizia ad essere messa in discussione. Barbagli cita la più famosa tra le ricerche nel campo dei comportamenti sessuali: l'inchiesta condotta da Alfred Kinsey sulla società americana e pubblicata tra il 1948 e il 1953. Kinsey sottolineava come il numero di americani che compravano sesso a pagamento non fosse così alto come si poteva immaginare; per di più la percentuale stava calando di generazione in generazione. Stefan Zweig, austriaco esule in Brasile per fuggire dalla dittatura nazista, morto suicida negli anni '40, scriveva ne «Il mondo di ieri», pubblicato subito dopo la sua morte: «Dell'enorme sviluppo che la prostituzione ebbe in Europa sino alla prima guerra mondiale, i giovani d'oggi non hanno quasi più idea. Mentre ora nelle grandi città si incontra una prostituta tanto raramente quanto una carrozza a cavalli, allora i marciapiedi erano così affollati di donne venali, da riuscire più difficile evitarle che trovarle». Quali i motivi della svolta? «Ai giovani d'oggi è diventato possibile dispensarsi da questa istituzione». La morale rigida del «Mondo di ieri» aveva lasciato il posto a «concezioni più libere e disinvolte».

Erano le prime conseguenze della nascita di nuove realtà, come le «grisette», le giovani operaie parigine (il nome deriva dal modesto abito grigio indossato abitualmente) che tra la fine dell'800 e l'inizio del '900 accettavano la compagnia dei tanti studenti di buona famiglia che frequentavano la capitale. Non si vendevano e non pretendevano di essere sposate, ma spesso convivevano per qualche tempo con il partner. Negli Stati Uniti il fenomeno equivalente, studiato dai sociologi nei primi decenni del secolo scorso, veniva definito «treating». Sono le avvisaglie di un cambiamento nella sessualità femminile che non tarda ad avere conseguenze strutturali sul mercato del sesso.

I NUMERI DEL DECLINO

«Molti giovani, che prima sarebbero ricorsi alle prostitute, hanno ora rapporti sessuali, stabili o no, con le loro ragazze», scriveva Alma Birk, una politica e giornalista inglese intorno al 1970. Lo stesso dicono le statistiche sui rapporti tra popolazione maschile e acquisto di sesso a pagamento. Perfino in Italia, dove il calo dei rapporti mercenari è stato più lento e tardivo. Nel 1965 gli italiani che avevano pagato almeno una volta per avere rapporti sessuali era pari al 71%. Più degli americani del rapporto Kinsey degli anni Quaranta. La visita al bordello, da soli o in compagnia, faceva parte dell'immaginario collettivo di una buona fetta dell'universo maschile. Da allora i numeri hanno continuato a calare. Nel 2006 gli italiani frequentatori di prostitute sono scesi al 15%. E anche «la prima volta» non è più legata al sesso mercenario. Nel 1964 gli uomini che avevano avuto il primo rapporto con una prostituta erano il 50%, nel 1976 il 21.

Oggi uno sparuto 5%.

Commenti