Roma - È un deputato del Pdci, ma anche uno storico fra i più noti dellasinistra italiana.Ecosì, ieri, quasi a sorpresa, Nicola Tranfaglia ha spiegato nel suo intervento a Montecitorio che lui non avrebbe firmato il manifesto dei professori che hanno contestato il pontefice. Ma che allo stesso tempo non avrebbe gradito una lectio magistralis di Benedetto XVI. Una posizione che lui - fra esempi e ricordi - spiega così.
Onorevole Tranfaglia, davvero
lei quel manifesto non lo
avrebbe firmato?
"Guardi, io sulla libertà di
espressione ho una posizione
semplice, precisa, e oserei dire
tradizionalmente liberale. Sono
per garantirla sempre, soprattutto a chi non la pensa come me".
Ma allora perché dice che secondo lei l’intervento di Benedetto
XVI non era opportuno?
"Perché mi riferisco a quell’intervento.
All’invito originario
del rettore, che era per una la
lectio magistralis".
Il discorso di inaugurazione
dell’anno accademico.
"Sì. Bisogna capire che la lectio
è il discorso che deve rappresentare
e tratteggiare l’indirizzo
dell’università".
Mi fa un esempio?
"È come la relazione di un segretario
di partito. Oppure come
il discorso di un amministratore
delegato davanti al
consiglio di amministrazione
di un’azienda".
Vuol dire che il Papa rappresentaun’altra azienda? «Esattamente. Per questo l’università deve dare a tutti l’opportunità di parlare, ma non di fare la lectio magistralis ».
Ma il Papa aveva già rinunciato
alla lectio.Conta che siamo
il paese della breccia di Porta
Pia?
"Ah, certo. Ma faccio un esempio
paradossale: se invitassero
me, Nicola Tranfaglia, a fare
la lectio all’università pontifica... ".
Chissà cosa direbbe, un deputato
del Pdci...
"Non ci andrei proprio".
Il punto quale è?
"Che la lectio deve esprimere
unaposizione di tutta l’università.
Di una università pubblica,
per giunta, diuna università
che per definizione è laica e
universalista. Per questo non
può essere un prelato a fare
quella lezione, non dico il Papa,
ma nemmeno un vescovo".
Quindil’errore principale,secondo
lei di chi è stato?
"Del rettore. Quell’invito era
sbagliato".
Ci sono state tante polemiche,
in passato,ancheper degli
inviti a dei laici.
"Oh, sì, faccio un altro esempio.
Le contestazioni a Renzo
De Felice, alla Sapienza. Io in
quel caso difesi il diritto di De
Felice a parlare".
Mi stupisce.
"Era la sua università, anche
se la pensavo diametralmente
all’opposto di lui!".
E nella sua Torino?
"Ci furono grandissime polemiche
per la lectio di Letizia
Moratti,all’epoca in cuieraministro
dell’Università".
Anche in quale caso, la Moratti
era esterna al mondo accademico...
"Sì, ma era ministro, e proprio
dell’Università. Rappresentava
lo Stato! Ciononostante ricordo che dodici
presidi, ostentatamente
non applaudirono".
Però ci giriamo intorno, conta
anche che sia questo Papa,
e non - per esempio - Giovanni
Paolo II o no?
"Oh sì, certo, conta, eccome.
Non è un caos che la protesta
partadaiprofessori delle facoltà
scientifiche".
Lei è un umanista, non sia corporativo...
"Al contrario, abbiamo tanti
difetti, ovvio. Ma il vero problema è che coloro che si sono trovati
molto più spesso di noi in
conflitto con i precetti pontificali
sul terreno delicatissimo
della ricerca sono proprio gli
scienziati".
Unodei promotori è Marcello
Cini, collaboratore del manifesto...
"Ho letto le sue argomentazioni,
oggi, sul suo giornale. Il punto
è: questo è il papa che più si
è battuto contro la libertà di ricerca".
E la storia di Galileo?
"Quella a dire il vero mi pare
una panzana. Tant’è vero che
lo stesso Ratzinger ha spiegato
che lui citava un autore, e che
non non ne condivideva il pensiero".
Quindi secondo lei bisogna
avere il coraggio di dire che
non si condividono le opinioni
di Ratzinger, non le sue parole
su Galileo?
"È così. Vede, Giovanni Paolo
II ha fatto grandi battaglie, etiche,
ma sempre restando sul
piano dei principi".
E
"Questo è un Papa che ha tendenze
teocratiche e non le nasconde.
E la polemica su Roma
prova che tende amettere
da parte il concilio, e a mantenere
un intervento costante
sulla politica".
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