Malata al fegato viene «dirottata» a Firenze per essere curata, ma dopo nemmeno un mese e una settimana di coma muore tra atroci sofferenze. A quasi due anni di distanza, ora, otto medici della clinica ortopedica dellospedale «Careggi» di Firenze saranno chiamati a giudizio. Lappuntamento per loro davanti al Gip Pietro Ferrante è fissato per domani a mezzogiorno. Dovranno rispondere della morte di Maria Pia Mostacchia, romana, allepoca dei fatti 68enne, professoressa in pensione che della sua «reclusione» nelle camerate del presidio sanitario fiorentino dal 3 al 21 maggio 2005, prima di morire, ha reso un piccolo «diario» scritto di suo pugno. Messo agli atti. Scrive il 6 maggio: «Nellattesa che linfermiera arrivasse per prelevarmi e ricondurmi (dal bagno, ndr) al letto, dalla stanza di fronte arriva Bubbone (come chiama uno degli infermieri, ndr) che mi viene incontro e mi aggredisce dicendomi: Lei ci prende per il c... Allora perché non viene da sola?. Gli rispondo che non posso, che non ho equilibrio e che lintensità dei dolori è troppo forte. Poi mi abbandona in mezzo alla stanza, è come una furia e io con il rischio di cadere sono uscita dalla sedia a rotelle e piano piano con sofferenza sono arrivata al letto...». E ancora, 6 maggio, ore 22. «Passano con il carrello della terapia. Dico loro di non farmi le iniezioni. Quello psicopatico risponde: Meglio, lavoro di meno». La signora Mostacchia, oggi assistita dai legali Luciano Randazzo ed Eleonora Ribis, viene esortata dal professor Italo Gusso, direttore della II clicnica ortopedica dellUniversità di Firenze e con studio privato nella Capitale, a trasferirsi per le cure nella città toscana anzichè al Policlinico Gemelli di Roma. «Qui - affermano gli avvocati - con le opportune ricerche e cure, secondo il luminare, si sarebbe ripresa in otto giorni. Invece comincia il calvario». Maria Pia soffre di cirrosi epatica con forti dolori alla schiena, da tempo assume medicine specifiche. Appena messo piede nel reparto ortopedico fiorentino, subito i sanitari le fanno notare che «doveva essere in Medicina». «Ma il professor Gusso - spiega Randazzo - insiste. In lui Maria Pia e il marito, Giuseppe Gueli, anchegli avvocato, daltronde hanno piena fiducia. Ma, di fatto, la signora sarà presto abbandonata a se stessa in un reparto inidoneo e dove il personale di lei quasi non sa che fare». Mostacchia nelle paginette di quaderno che riempie giorno dopo giorno, finchè ne ha la forza, scrive delle medicine che le hanno sospeso, parla delle «angherie» subite. «Al Careggi - aggiunge la dottoressa Ribis - viene sottoposta al comune regime degli altri pazienti ortopedici, senza dieta adeguata, come se necessitasse solo di cure ortopediche. Le sue condizioni sprofondano nel baratro». «Se almeno fosse stata subito trasferita nella divisione di Medicina - dice il marito - forse si sarebbe salvata. Quando, invece, lei chiedeva aiuto, veniva trattata come una rompiscatole, spesso veniva offesa e le si faceva sempre presente che il personale era poco e non poteva pensare a lei». Il 17 maggio viene dimessa. «La mattina - racconta ancora lavvocato Gueli - mia moglie fu vestita con grande difficoltà, non si reggeva in piedi. Chiesi se fosse davvero in grado di affrontare il viaggio di ritorno verso Roma. Mi dissero di sì. Maria Pia si sentiva vicina alla fine. Lindomani fu ricoverata durgenza al Gemelli. Il 21 entrò in coma e il 28 morì».
Ora Gussi e altri sette tra medici e infermieri della clinica ortopedica dovranno rispondere, come cita il Gip, per la «somministrazione di farmaci Fans senza tener conto dellassoluta controindicazione riconducibile alla circostanza che la Mostacchia era affetta da cirrosi epatica (...) fatti in conseguenza dei quali si determinava una grave e irreversibile compromissione della funzionalità dellasse epato-renale (...) con conseguente morte della donna».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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