Travolse anziano, stangata al rom

MilanoSignor Braidic, è preoccupato?
«Sì».
Cosa è successo davvero quel giorno?
«Non lo so. Io non c’ero. Non ero io su quell’auto». Mancano pochi secondi alla lettura della sentenza contro di lui, e Marco Braidic - rasato e tatuato, chiuso nella gabbia della Corte d’assise - non sembra farsi illusioni. E fa bene.
Quando il giudice Luigi Cerqua legge la sentenza, arriva la conferma che non tutti gli incidenti stradali sono uguali. Che quando una morte non è più conseguenza della distrazione o dell’errore che può capitare a tutti, ma del disprezzo per la vita altrui di chi usa un auto come un’arma, allora il conto da presentare ai colpevoli deve essere diverso.
A Braidic la Corte d’assise infligge diciott’anni di carcere. Rispetto ai ventiquattro anni che aveva chiesto il pm Grazia Pradella, l’unico sconto che la Corte fa al nomade è l’aggravante della crudeltà. Ma quel che conta, e che costituisce un precedente importante, è la condanna per omicidio volontario. La sera del 17 settembre 2007 in viale Padova, quando travolse il pensionato Giovanni Conti Papuzza, Marco Braidic era perfettamente in grado di capire le conseguenze di quel che stava facendo. Non solo quando centrò in pieno l’anziano signore mentre attraversava sulle strisce pedonali, ma soprattutto dopo, quando si ritrovò l’uomo sul cofano dell’auto ed invece che fermarsi e soccorrerlo si lanciò in una gimcana a tutta velocità per riuscire a scaraventare il corpo sull’asfalto. Ha detto il pm Pradella nella sua requisitoria: «Sul cofano della sua auto c’era una persona viva, anziana, con una gamba spezzata, ma disperatamente attaccata alla vita e lui lo ha trascinato per 120 metri e l’ha gettato a terra come un pupazzo». Poi gli ripassò sopra.
Dopo avere ammazzato il poveretto, Braidic riportò l’auto alla sua ragazza e le ordinò senza troppi complimenti di prendersi la colpa di quello che era successo. La giovane donna finì in carcere, poi crollò e raccontò come erano davvero andate le cose. A quel punto, e fino alla fine del processo, Braidic s’è inventata un’altra versione, quella di un fantomatico gruppo di albanesi cui aveva prestato l’auto la sera prima. I giudici non ci mettono molto a capire che è l’ennesima menzogna. Un paio d’ore di camera di consiglio, poi la sentenza. Salvo smentite, è la condanna più alta mai inflitta in Italia ad un pirata della strada.

«Mi hanno condannato solo per i miei precedenti», dice Braidic mentre lo riportano in cella. «Faremo appello», dice il suo difensore, mentre la fidanzata del condannato insulta il pubblico ministero e sputa contro i giornalisti.

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