Nei giorni scorsi, nella pagina di Repubblica dedicata alle lettere si è aperto un dibattito su «fenomeno Moccia». E cioè sullo straordinario successo fra i giovanissimi di Tre metri sopra il cielo e di Ho voglia di te, i due romanzi di Federico Moccia che negli ultimi anni - Faletti a parte - sono stati i libri più venduti in Italia.
Sintetizzate allosso, due erano le posizioni in campo. Da un lato, i lettori di Repubblica, alcuni dei quali hanno il radicalchicchismo nel Dna, che sostenevano come i libri di Moccia non meritino di essere letti in alcun modo. Dallaltro Corrado Augias, curatore della rubrica delle lettere, che sosteneva una posizione che può essere sostanzialmente riassunta in «Meglio Moccia che niente».
Ecco, mi piacerebbe entrare nella discussione perchè, nelle scorse settimane, ho avuto la fortuna di essere coinvolto dal Comune di Recco in unintervista pubblica a Moccia, che poi ha anche partecipato a Genova a un incontro sui giovani organizzato dallassociazione Maestrale, il pensatoio del presidente della Regione Claudio Burlando.
Ora, mi sembra chiaro che Moccia non è Proust, nè Conrad, nè Shakespeare. E che nelle storie di Babi e Step - i protagonisti di Moccia - cè un romanticismo che non è quello di Romeo e Giulietta. Anche nelle pagine della cultura di questo Giornale, quando è uscito Ho voglia di te, Moccia è stato pesantemente stroncato e considerato pure un po diseducativo.
Ma qui non stiamo a parlare di critica letteraria e di gusti, assolutamente legittimi. Moccia può piacere oppure no e ognuno ha il diritto di dirlo, anche nei modi più crudi. Quello di cui si parla è altro: cioè dei giovani, cioè dei nostri figli o dei nostri nipoti e della lettura. E, a quel punto, sto con Augias tutta la vita. Anzi, se posso, vado anche oltre Augias.
Perchè, se il postino di Repubblica parla in via astratta, io i ragazzi che leggono Moccia ho avuto la fortuna di conoscerli. A Recco, due settimane fa, cerano un centinaio di ragazzi (soprattutto ragazze), molti dei quali under 15. In quei giorni ho partecipato anche a moltissimi incontri elettorali, di vari partiti e di varie coalizioni, e non sempre ho visto lo stesso afflusso di pubblico, lo stesso entusiasmo e lo stesso calore.
Quei cento ragazzi sono un esempio per tutti noi. Trattavano le loro copie di Ho voglia di te e di Tre metri sopra il cielo come preziose reliquie. E, appena Moccia o lattore che leggeva i brani partivano con una citazione, andavano a colpo sicuro alla pagina in questione. Soprattutto, erano ragazzi che avevano voglia di sognare. E leggere Moccia li aiutava e li aiuta.
Insomma, andiamo ben oltre il «leggano pure Moccia perchè leggano». Chi - ribadisco, al di là dei gusti letterari personali - ignora Tre metri sopra il cielo o Ho voglia di te o li tratta con una puzzetta sotto il naso dettata da un complesso di superiorità, non ha capito niente e continua a non capire niente di una generazione probabilmente migliore di quella che censura le sue letture.
Il mondo, per fortuna, spesso è diverso da come ce lo raccontiamo.
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