La tregua infranta in nome del giustizialismo

CONCORDIA FINITA Dopo le parole del 25 Aprile torna la demonizzazione dell’avversario politico

È tale la velocizzazione della vita politica - indotta anche da televisione, da internet e altre tecnologie - che intere fasi, che dovrebbero durare mesi o anni, vengono bruciate nello spazio di «un mattino». Solo pochi giorni fa la celebrazione del 25 Aprile aveva segnato una sorta di concordia nazionale fondata sulla interpretazione edulcorata di due fatti invece molto «duri»: da un lato che la Rsi, al di là della buona fede di molti ragazzi che per essa combatterono, è stata una vicenda storica orribile ed efferata, dall'altro lato che, come ci ricorda Pansa, esistevano due tipi di partigiani, quelli (cattolici, liberali, monarchici, socialdemocratici, senza tessera) che combattevano per un futuro stato liberaldemocratico e quelli che combattevano per il trapasso dalla dittatura fascista ad una democrazia popolare controllata dal Pci e legata all'Urss.
Dobbiamo a Stalin e non a Togliatti se dopo la prima guerra civile (quella fra nazisti, fascisti e anti fascisti) non ce ne fu una seconda guerra (quella fra comunisti e loro alleati - una parte dei socialisti e degli azionisti - e gli anti comunisti). Togliatti e tutto il Pci si impegnarono nella elaborazione della Costituzione per questi input di Stalin decisi sulla base della divisione internazionale del mondo. A quel punto il Pci di Togliatti e poi quello di Berlinguer adottarono la strategia gramsciana dell'egemonia fondata sulla conquista delle casematte ideologico-culturali del sistema (la scuola, i mezzi di comunicazione di massa, la magistratura, i servizi segreti e pezzi dell'apparato dello stato).
La «talpa» scavò per molti anni con risultati molto significativi. Così quando crollò il comunismo e, in seguito all'adesione dell'Italia al trattato di Maastricht, crollò anche il sistema di tangentopoli, - fondato sulla collusione fra i grandi gruppi capitalisti e tutti i partiti (Pci compreso) - avvenne che la forza politica più attrezzata (cioè il Pci) sul terreno di una presenza organica nella magistratura (vedi la storia di Magistratura Democratica) poté, negli anni ’92-’94, eliminare dalla scena politica la Dc, il Psi, i partiti laici proprio grazie all'uso politico della giustizia. Con il 30 per cento dei voti il Pds di Occhetto stava per conquistare il 70 per cento dei seggi in Parlamento. Chi sconvolse questo disegno di occupazione autoritaria del potere fu Berlusconi con la sua discesa in campo, la nascita di Forza Italia, la costruzione di uno schieramento di centrodestra con l'alleanza con An e con la Lega. Immediatamente l'uso politico della giustizia fu rivolto anche contro Berlusconi.
Dal 1994 al 1996 e adesso attraverso il caso Mills c'è un attacco mediatico-giudiziario contro Berlusconi che caratterizza ogni vigilia di campagna elettorale. Il lodo Alfano - che ricalca leggi di altri Paesi - discende da ciò, dalla volontà di mettere al riparo le nostre istituzioni dalla ripetizione di un'operazione eversiva. Oggi questa riproposizione dell'uso politico della giustizia avviene in presenza di un altro fenomeno significativo. La sinistra post-comunista nelle sue varie espressioni politiche (il Pds, i Ds, il Partito Democratico) dal 1994 in poi non è riuscita a diventare socialdemocratico e riformista: l'aggettivo «democratica» copre i materiali politici più diversi, fra i quali prevalgono il massimalismo sociale e il giustizialismo. Orbene su questo terreno i post-comunisti hanno svolto la funzione degli apprendisti stregoni.
Il Partito democratico di Veltroni, alleandosi con Di Pietro, ha dato vita ad un mostro che la sta divorando: sul terreno del giustizialismo e del populismo autoritario Di Pietro è molto più bravo ed efficace del pallido Franceschini che cerca di imitarlo con esiti penosi. La prevalenza nell'area del centrosinistra del populismo giustizialista di Di Pietro, che è l'autentica riproposizione di un fascismo moderno, vede lo spostamento verso l'Italia dei Valori di spezzoni rilevanti della cultura di sinistra perché essi non sanno dove sta di casa il riformismo, il gradualismo, lo stato di diritto, ma invece si mobilitano solo per la demonizzazione dell'avversario. Ancora una volta Berlusconi, con il suo carisma, il suo «populismo liberale», tutela la libertà e la democrazia in questo Paese. Ciò è compreso da milioni di italiani. Questo è il nodo di fondo.

Poi esistono, a margine, sofisticazioni intellettualistiche o accentuazioni localiste ma la leadership del blocco culturale, sociale e istituzionale del centrodestra si basa su queste fondamenta e l'espressione «Popolo della Libertà» non è casuale. Del resto non è un caso che ancora una volta tutti i colpi sono concentrati contro Silvio Berlusconi.
*Capogruppo Pdl

alla Camera dei Deputati

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