La tregua è stata utile, ora torni la democrazia

Tra sei mesi si vota, in palio c’è il riscatto di una storia politica nata nel 1994 e fatta di valori e idee

Il significato del governo Monti è questo: Berlu­sconi ha perso, la sinistra ha perso. A sei mesi da quel novembre terribile, si avvicina il momento della resa dei conti. La democrazia elettorale deve tornare, la responsabilità dei partiti non può che es­sere di nuovo misurata nel consenso popolare, non c’è alternativa. In palio c’è il riscatto politico di una intera storia, quella cominciata nel 1994. In un certo senso è una storia comune, in cui amico e nemico si abbracciano e si scontrano in una spirale mortale che non ha portato purtroppo alle grandi riforme ne­cessarie, alle strategie per la crescita economica necessarie, alla ri­duzione e qualificazione neces­sarie del peso dello Stato nell'eco­nomia e nella società. Non ha vinto la rifor­ma liberale, non ha vinto al­cuna i­potesi al­ternativa, a parte le farneti­cazioni antili­beriste di una sinistra anta­gonista che presto si trove­rà a verificare quanto poco spendibile sia il nuovo presi­dente francese François Hol­lande sugli spalti troppo teatrali ed effi­meri della ri­scossa di un pensiero di impronta socialista. E non parliamo della grande far­sa di Beppe Grillo, c’è poco da ri­dere, alla fine. Finché il mondo dei capitali, delle merci e delle persone reste­rà senza frontiere, non c’è trippa per gatti. Finché l’Europa avrà una moneta unica segnata dal patto originario che la svincola dalla responsabilità comune dei partner per l’indebitamento e le conseguenti pressioni finanzia­rie, la strada la indicano i merca­ti, in particolare ma non soltanto i mercati finanziari. Le categorie decisive restano quelle di compe­titività, apertura, integrazione, produttività del lavoro, capacità di attrarre investimenti, derego­lamentazione non selvaggia, e naturalmente ripresa in mano dei conti pubblici, difesa nazio­nale e con metodo comunitario dalla speculazione sui tassi di in­teresse, ma in una logica di pareg­gio strutturale del bilancio pub­blico. Anche a me come a tutti pia­cerebbe crollasse la diga della Banca centrale di Francoforte, e che si rivedesse la base stessa del modello su cui è stato costruito l’euro. Premere, sì, bisogna pre­mere, anche con l’aiuto di una parte importante della cultura economica e del corrispondente blocco d’interessi americano, cui non è insensibile il governato­re Mario Draghi. Ma campa caval­lo. La Bundesbank non è un uffi­cio studi, è la concrezione di uno stato di coscienza della Germa­nia, un fatto storico, e l’euro non si sarebbe mai fatto ad altre con­dizioni che non siano quelle det­tate dalla banca centrale tede­sca, occhiuto tutore dell’interes­se nazionale e di un interesse co­mune europeo basato sulla disci­plina, l’unica vera arte politica te­stimoniata dalla Germania mo­derna. Il 1994 come punto di riferi­mento ha ancora un valore, non solo per chi ne fu protagonista, ma solo se la destra fa i conti con la dimensione nuova dello Stato e del Superstato europeo del Fi­scal compact. La costruzione di uno schieramento articolato e va­rio, capace di competere con una sinistra rimpicciolita dalla foto di Vasto, dall’ipotesi assoluta­mente indigeribile di un governo Bersani-Vendola-Di Pietro, de­ve configurarsi come un gesto di responsabilità nazionale, un’of­ferta di unità costituente che pu­nisce per il solo fatto di essere avanzata chiunque si rifiuti e si ri­fugi in una logica faziosa e revan­scista. E l’occasione la pone pro­prio il governo Monti, e quel che ha significato come tregua fatti­va, come continuità istituziona­le, come cultura e logica sottratta alle tendenze belluine espresse dal vecchio sistema del bipolari­smo imperfetto, anzi impazzito. In questo schema politico, l’unico e senza alternative,c’è po­sto per tutti. C’è posto per molta fantasia. Ma il cemento è quello. È l’idea molto chiara che abbia­mo, come dice Bankitalia, il 31 per cento di economia sommer­sa, tra economia extrafiscale ed economia criminale, e dobbia­mo fare i conti con questo dato ineludibile. Il Paese va effettiva­mente trasformato, radicalmen­te cambiato nelle sue più antiche abitudini, con sapienza, alter­nando rigore e incentivazione, di­sciplina e libertà.

Chi coltivi il mi­to di un ritorno della destra al 1994 delle promesse antifiscali semplici, al meno tasse per tutti, e a una campagna che assume to­ni dubbi, e anche inquietanti, fa­vorevole allo sfruttamento cini­co della protesta sociale indiscri­minata, chi coltivi questo sogno è bene che si svegli. Sono sogni che possono trasformarsi rapida­mente in incubi e in dure sconfit­te.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica