Tremonti: con la Lega in ogni caso

«D’Alema è un bravo yachtman, non uno statista»

da Roma

Giulio Tremonti torna sulla Grosse Koalition alla tedesca, replica a Massimo D’Alema e tende una mano alla Lega. Dopo l’intervista pubblicata ieri su Repubblica («anche all’Italia servirebbe una Grande coalizione»), infatti, dall’Unione è arrivato un coro di critiche alle parole del ministro dell’Economia. Su tutte, quelle del presidente dei Ds. «È un’ipotesi - dice D’Alema durante la trasmissione “Omnibus” in onda su La7 - non percorribile, non desiderabile, sostanzialmente non praticabile nella politica italiana. Non vedo come potremmo governare con Tremonti». Ma pure nella Casa delle libertà, non tutti - Carroccio in testa - gradiscono l’idea della Grande coalizione. Lo dice chiaro il ministro del Welfare Roberto Maroni: «Il pericolo è che vengano emarginati i partiti più piccoli».
Così, Tremonti aggiusta il tiro perché - spiegava ieri ai suoi - «non era certo mia intenzione lanciare la Grosse Koalition». Lo conferma anche Maroni: «Ci siamo parlati e mi ha spiegato che non è affatto così. Ed è quello che a noi interessava». E in un’intervista alla Padania in edicola oggi il ministro dell’Economia è ancora più chiaro: la mia era un’ipotesi «d’accademia» perché «non c’è nessuna possibilità che in Italia si faccia una Grande Coalizione». «E se anche ci fosse - aggiunge - non potrebbe comunque essere organizzata dal Palazzo ma dalle forze che hanno con sé il popolo. E quindi la Lega non potrebbe assolutamente essere lasciata fuori». Nella lunga intervista al direttore della Padania Gianluigi Paragone, Tremonti replica pure a D’Alema («neanche io potrei governare con lui, sarà bravo come yachtman ma come statista non direi proprio») e difende la Bossi-Fini. Ma, soprattutto, rilancia il federalismo fiscale: «Va fatto, su questo io e Bossi camminiamo fianco a fianco».
Oggi, intanto, sarà sottoscritto il Manifesto dei valori del Partito unico del centrodestra, «un documento - spiega Ferdinando Adornato - fondamentale per l’unità nella Casa delle libertà». Per la firma ci saranno Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, ma non il neosegretario dell’Udc Lorenzo Cesa impegnato a Bruxelles nella sua veste di vicepresidente del Ppe.
Si riapre, invece, il dibattito sulla legge elettorale che arriva oggi alla commissione Affari costituzionali del Senato con un calendario serratissimo (tre sedute al giorno più le notturne). Un testo che per la Casa delle libertà resta blindato («se non vengono fuori grosse questioni di costituzionalità - spiega il presidente della Commissione, l’azzurro Andrea Pastore - andiamo avanti senza modifiche), proprio nel giorno in cui Piero Fassino pare aprire uno spiraglio. Ci sono due punti della legge elettorale, dice il segretario dei Ds, che dovremmo rivedere insieme, «due questioni cruciali» della riforma sui dovremmo «confrontarci»: quote rosa e premio di maggioranza al Senato. «Chiedo al centrodestra, nel momento in cui sta per iniziare la discussione a Palazzo Madama - spiega il leader della Quercia -, di riflettere seriamente su due cose.

Primo, sulla possibilità di introdurre delle regole che consentano un più facile accesso delle donne in Parlamento e, secondo, sul fatto che il premio congegnato per il Senato è meccanismo che renderà meno governabile l’Italia da parte di chiunque vinca».

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