Tremonti: «Troppe leggi Ue Rischi di totalitarismo soft»

Il ministro dell’Economia contro Bruxelles: «C’è una élite che vuole disegnare la vita sulla base di un mercato e una società perfetti»

Sandro Astraldi

da Roma

L’Unione europea? Un sistema a rischio di «totalitarismo». Giulio Tremonti non è mai stato tenero con l’eurocrazia brussellese, ma stavolta - a Bergamo, in occasione dell’apertura dell’anno accademico della Guardia di Finanza - si presenta con dati alla mano e snocciola una serie di cifre a suffragare la sua tesi. «L’eccesso di legislazione a livello europeo - esordisce - sta trasformando la Ue in una sorta di “totalitarismo” sia pure leggero, soft».
A suo modo di vedere - le regole giuste possono essere in effetti un investimento per i 25, ma quelle artificiali no, perché sono il riflesso di strutture mentali strane di élite che disegnano a tavolino quella che dovrebbe essere la vita dei popoli». Non si addentra in esempi il titolare dell’Economia, ma in platea capiscono perfettamente. Sono ormai leggendarie le normative, i codici di comportamento, le regole emanate quasi quotidianamente a migliaia dagli uffici di Bruxelles. Per Tremonti è il principio che ne sta al fondo, più che le direttive stesse, a dover preoccupare. «Si tratta - osserva - di ideologie pervasive, ossessive ed analitiche. Ideologie di una élite appunto che vuole disegnare la vita dei popoli sulla base di un disegno non solo di un mercato perfetto, ma anche di una società perfetta». «E questa - per Tremonti - è l’ultima forma assunta dal totalitarismo. Non hard, ma soft, e tuttavia pur sempre una forma di totalitarismo».
A far fede che le cose non vanno come dovrebbero e che qualche scricchiolio lo si inizia ad udire anche nei palazzoni europei della capitale belga, Tremonti svela le ultime rilevazioni dell’Eurobarometro - la sondaggistica curata dagli uffici comunitari - e si sofferma sui dati, sempre più preoccupanti della “percezione” delle istituzioni comunitarie da parte dei cittadini dei 25 Stati membri.
«Ogni due mesi - rileva il ministro dell’Economia - vengono presentati i dati dell’Eurobarometro. E da qualche anno, ma in particolare negli ultimi mesi, il segno che sta davanti ai numeri è negativo. Nel dicembre del 2005 - ha reso noto - il sostegno alle istituzioni dell’Unione Europea è sceso al 50% e solo il 52% dei cittadini dell’Unione, con un calo del 3% rispetto alla precedente rilevazione, vede come un beneficio l’appartenenza del proprio Paese alla Ue». Il distacco tra gente comune e istituzioni comunitarie, insomma, si sta facendo di giorno in giorno più netto. Solo il 51% degli ormai più di 400 milioni di abitanti del vecchio continente concede fiducia al Parlamento europeo. Ancor meno, il 46%, è disposto a dar credito alla commissione e cioè il governo della Ue. E meno ancora, Tremonti parla di un 44%, dice di avere una «immagine positiva» della Ue.
Certo, il 2005 - fa notare ancora il ministro - è stato un anno difficile, con la bocciatura del modello costituzionale in Francia e Olanda, le difficoltà di bilancio, il rifiuto dei modelli sociali di cui si è dovuto prender atto coi roghi parigini e tanto altro. Ma certo questa Ue fa poco per tirarsi fuori dai guai, ha concluso Tremonti, negando di essere euroscettico, ma si sentirsi «eurorealista». Come del resto si è dimostrato anche sugli Eurobond. L’ipotesi di emissione di titoli di debito pubblico europeo - avanzata durante il semestre italiano - all’epoca fu accolta negativamente.

Ma «qualche mese fa a Strasburgo lo stesso presidente Ciampi ha parlato di eurobond come ipotesi rilevante non solo da un punto di vista economico ma anche politico per far germogliare una identità nazionale europea. L’Unione europea - ha concluso Tremonti - non si può limitare alla gestione di una politica tecnocratica ma deve dotarsi di qualcosa di diverso se vuole corrispondere alle aspettative della gente».

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