Cronache

Il trenino di Casella: terapia su rotaia contro noia e stress

La ferrovia a scartamento ridotto fu inaugurata nel settembre 1929 e doveva raggiungere Piacenza

Il trenino di Casella:  terapia su rotaia contro noia e stress

Cerchi un compagno di viaggio. È vero che Casella non è Vladivostok, ma il rito di arrivarci sbuffando, fischiando sordo e traccheggiando è impastato in quella Genova di mare e di valli, tramandato tra gusto e olfatto, intuito negli occhi socchiusi del nonno a tirare rughe e ghignare di chissà cosa. Macchè, non raccogli nessuno e sull'elettromotrice sola andata per Casella ci sali sola, l'addetto ti apre la carrozza graffitata, che la stazione di partenza a Piazza Manin è in pieno restauro e fuori fa freddo. Niente trenino storico rosso e panna: è solo per le feste comandate e noleggi speciali. Partenza ore 9.04 arrivo per le 10. Una rivista ficca il naso sullo scartamento ridotto come attrazione turistica e ci dedica pagine. Vere chicche oltralpe, l'Italia sta imparando a promuoverle. Lo zoom sulle poche ancora funzionanti, fino alla Genova-Casella. Pezzi di storia agganciati ai vagoni di ieri, chicche per turisti e viaggi nel tempo che si scontrano con le urgenze dei pendolari di oggi. La Genova Casella venne inaugurata il primo settembre 1929, pieno Ventennio e Futurismo lanciato sulla Valle. La pensarono a scartamento ridotto per collegarla con la tramvia di Piacenza: Casella-Torriglia-Piacenza in funzione di un'economia che s'alimentava su quella di terra di mezzo che mischiava confini e stracci. Ma i soldi finiscono a Casella che diventa capolinea, un nome ben visibile scritto accanto a Genova. Sull'elettromotrice sale anche una giovane coppia di tedeschi, poi un magrebino che ha preso il passo della valle. I tedeschi s'incollano al finestrino mentre Genova resta imperiosa a struccarsi sul mare. Venticinque chilometri in tutto per diciotto stazioni e un'ora di danze. Sedili verdi, manovella per abbassare il finestrino e quadretti sbiaditi a prometterti i tesori di Torrazza, Casella, Sant'Olcese. Chiese, panorami, è l'Intervallo-nostalgia della Rai di prima. Gli spifferi ghiacciati e il calore sotto il sedile, eppure accogliente. Ancheggia un tornante via l'altro, frena, è quasi fermo. Gli operai sulla linea perché il treno si fa largo fra rami e rocce, e i binari hanno bisogno di manutenzione costante. Sei chilometri di linea sono già stati sistemati, adesso tocca ad altri cinque. S. Pantaleo, S. Antonino, Cappuccio, Poggino, casette dismesse le stazioni di ieri contro il profilo di Forte Sperone, Puin, Diamante. Ti restano i flash sull'antico acquedotto e le mura secentesche decantati dallo scartamento lento. Passi la galleria di Trensasco e sei nel bosco: roccia e binario che racconta di mulattiere. Ti spiega il controllore che se scendi puoi proseguire fino alla zona dei Molini, grandi ruote verticali e un bacino artificiale trasformato in laghetto. Un'altra galleria, dalla Val Bisagno alla Val Polcevera, passi Campi, Pino e tocchi Torrazza e Sardorella annegata nei castagni e fornita di aree attrezzate per pic nic. Invitano alla sosta, ma non ora. Le vecchie insegne ti danno l'altezza sul livello del mare e i chilometri ancora da fare. Una costante le carrozze in assi di legno grezzo immemore mentre il treno scivola sulle creuze, sull'arancione delle zucche agganciate agli alberi, sulle rose d'inverno. Le case lungo la linea ferrata e un vecchio che accatasta legna. Un fischio debole di saluto, poi tornanti, dolci, sbuffanti. Fino a S. Olcese Tullo, da qui arrivi a piedi alla strada per Ronco e al sentiero botanico di Ciaè. A S. Olcese sale una signora, conosce il magrebino, parlano dell'anziano scomparso, hanno trovato la sua auto alla stazione di Busalletta. Stop, lei scende poco dopo.
Sfiori il monte Tullo, prati, boschi fino a Crocetta d'Orero e quindi il bacino del Polcevera in valle Scrivia. Casella è lì dietro. Tocchi il deposito e cambi binario fino al paese: pensavano ad un ponte sullo Scrivia per ovviare alla manovra, ma qui hanno storto il naso, va bene così.
Due passi a Casella, deliziosa e decadente, Palazzo Fieschi che troneggia e le sue case antiche a corte. Un cappuccio per riscaldarti le ossa al Caffè ristorante Centrale. Pietro Scalise, il titolare, da 35 anni ha legato le sue sorti al trenino: «È tutto per Casella e va potenziato. Porta turisti da Piemonte, Lombardia, Emilia e Toscana. Persino dal Friuli. Grazie al trenino Casella è il paese della Valle Scrivia che ha più richieste di case da acquistare o in affitto. E poi è l'unico mezzo che va anche con neve e ghiaccio».
Torni in autobus, altro incantamento. Ti aspetta Alberto Villa, amministratore unico della Genova Casella srl, società privata a capitale pubblico (Regione Liguria) e una politica di forti investimenti. Parla della nuova officina con doppia fossa, dell'ipotesi di un museo storico, del piano aziendale redatto dall'Università di Savona, della ristrutturazione della stazione di Manin che sarà pronta gennaio. L'intenzione è di assemblare un altro trenino storico da far circolare in settimana - auspica Villa - Vogliamo aprirci al mercato internazionale, facciamo le fiere e puntiamo a stringere accordi con Costa Crociere e Acquario».
Un bel disegno, ma i conti si fanno con i posti: «45 passeggeri a carrozza, più 35 sull'elettromotrice. Potremo portare su 220 persone alla volta». Villa racconta cifre e viaggi a venire per una società di 42 dipendenti che sembra una famiglia.

Altro passo, con lo scartamento ridotto a conquistare l'Europa.

Commenti