«Cosa significa essere cocainomane? Arrivare a sniffare una decina di grammi al giorno, mangiarsi i miliardi, chiudere unazienda, avere la cartilagine del naso devastata, andare in galera, ritrovarsi a 50 anni solo come un cane, mantenuto dalla madre. Ma cè ancora di peggio». Andrea, nome di fantasia, si ferma un momento, allunga la mano verso la birra sul tavolo, beve un sorso. «Il peggio è che la mia mente è sempre lì, non riesco a vedermi senza cocaina, penso solo a come alzare un po di quattrini per comprarmi il grammetto. Insomma la mia vita è perduta, non voglio smettere, non voglio cambiare, non ho speranza».
Andrea ha imparato dunque a convivere con la disperazione, non a caso secondo la cultura cattolica uno dei peggiori «peccati». Ha sposato la droga trentanni fa e da allora le è sempre rimasto «fedele». «Ha detto bene. Durante quel paio di storie serie che ho avuto, le donne sono arrivate a rinfacciarmi che avrebbero potuto confrontarsi con altre concorrenti, ma mai con la cocaina».
Cominciamo dallinizio allora. Metà anni 70. Andrea ha ventanni, studia alluniversità quando muore improvvisamente il padre che aveva fondato una piccola ma dinamica azienda nel campo della moda. Lui prende in mano le redini dellattività ma è schiacciato dalla responsabilità. «Anche perché allepoca ero un fascistone con il mito del superuomo. Perciò dovevo sempre fare più e meglio degli altri. In montagna a sciare, gli altri bevevano 10 grappini, io 11. Al mare a fare i tuffi dalla scogliera, gli altri si buttavano da 2 metri io da 3 e così via. Tutti chiari sintomi, in realtà, di insicurezza».
E dove può trovare sicurezza Andrea se non nella bianca polverina? Del resto lequazione moda-droga ormai è nota a tutti. «Un amico me lha allungata la prima volta e da allora è stata una spirale. All'inizio qualche pippata nei momenti di maggiore stress, poi sempre più spesso, ogni occasione era buona. Che so, mi eleggono presidente nazionale del mio settore? E io corro in bagno a sniffare. Sono dal dentista in attesa e comincio a dare segni di insofferenza? Giù con una striscia. Alla fine, nel giro qualche anno sono arrivato a 7/8 grammi al giorno».
Cioè 250 grammi al mese?
«Faccia tre, perché tanta roba veniva offerta, altra andava persa o buttata se incrociavi la polizia».
Ma tre etti per 12 mesi e per trentanni, siamo quasi al quintale. Ma quanto ha speso?
«Non ho mai fatto il conto, ma provo a farlo adesso. Lei dice un quintale? Sì, penso possa essere quello lordine di grandezza. A 100mila lire al grammo... indicativamente... posso aver speso... una decina di miliardi».
Ma perché e cosa provava?
«Allora diciamo perché cè il mito che dia forza e sicurezza invece non è niente vero, anzi ci si sente ingessati perché si teme gli altri possano accorgersi che hai tirato. Anche per questo cè chi beve alcol o assume eroina, un oppiaceo, per bilanciare leffetto euforizzante. Quindi si è sempre in tensione. Come molte sostanze, tende ad accentuare qualsiasi lato del proprio carattere: se uno è coraggioso diventa temerario, se pauroso va in paranoia di fronte a qualsiasi minaccia o avversità. Alla fine lunico vero effetto è quello di non sentire la stanchezza».
Difatti Andrea lavora come un pazzo, sviluppa lazienda, entra nellassociazione di categoria, scala le cariche sociali fino a guidarla a livello nazionale. Si occupa di organizzare eventi e manifestazioni con risultati eccellenti. «Per forza potevo lavorare venti ore al giorno, tanto al minimo segnale di fatica giù con la striscia».
Poi a metà anni 90 il settore entra in difficoltà?
«Molti miei colleghi si sono salvati, riducendo lattività, diversificando, cercando nuove strade. Io no, ero un superuomo pompato dalla coca quindi ho sopravvalutato me stesso e sottovalutato i problemi. Sono andato dritto verso il disastro e alla fine ho chiuso».
Andrea però conserva una certa agiatezza che gli consente di mantenere lo stesso tenore di vita per altri 10 anni. «Io fino allanno scorso ho continuato a pipparmi i miei due etti e mezzo al mese. Poi ho finito i soldi, e ora non ho più il becco di un quattrino».
E come vive adesso?
«Mia madre paga tutto quanto è necessario alla mia sopravvivenza, come casa o cibo, ma non un euro, sapendo che fine farebbe».
Perché, tutto quel che ha passato non le è bastato?
«Assolutamente no. Ora passo le mie giornate a racimolare i 100 euro per una dose, anche se adesso più di 5 grammi al mese non posso permettermi».
Conseguenze fisiche?
«Ma non tante, a parte il naso ormai completamente mangiato dalla coca. Pensi che se mi infilasse un pila in una narice, vedrebbe la luce uscire dallaltra».
Conseguenze penali?
«Sono stato arrestato un paio di volte ma sempre assolto. Siccome calcolavo il mio fabbisogno in 10 grammi al giorno, se andavo in vacanza un paio di settimane, partivo con un etto e mezzo. Difficile convincere il poliziotto che ti fermava che era per uso personale».
Comè cambiato il giro della cocaina dai suoi tempi a ora?
«Credo sia già stato detto, da droga délite si è proletarizzata, anche se ora sono tutti bottigliari che si fanno il free base».
Può essere più chiaro?
«Io appartengo alla preistoria, perché lho sempre sniffata. Ora va di moda fumarla pura, da qui free base, nella pipa ad acqua. È terrificante, devastante, va dritta al cervello e lo spappola».
Quindi il prezzo è sceso?
«Non ne sarei sicuro. Una volta si comprava un grammo a 100mila lire, ma era un grammo vero e aveva un alto principio attivo. Adesso per 30 euro ti vendono il quartino, cioè 0.25 grammi, e per di più tagliatissimo».
E così è diventata una droga di massa.
«Altroché, non cè categoria che ne sia esente».
Quindi non più solo modelle e attori, ma anche avvocati, architetti, medici...
«...giornalisti, politici, poliziotti, magistrati. Vada pure avanti, non rimane nessuno fuori».
Tentiamo una provocazione.
«Non vale la pena. Non vede come sono ridotto? Con il naso bucato, senza soldi, senza amici, senza speranza. No, le assicuro non ne vale proprio la pena. Addio».
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