Treviso, Venezia e la strage dei club

Dicono sia inevitabile, è la «nouvelle vague» del mondo del calcio. Intanto ci ha privato di molte squadre: non guarda in faccia a nessuno, parte da nord e arriva a sud, cancella anni di storia, successi (anche se piccoli, da ricordare) e intere tifoserie.
La Covisoc (organismo di controllo dei bilanci delle società sportive) tra venerdì e sabato ha preso in mano la matita e ha disegnato i nuovi campionati professionistici. Tra bilanci sconquassati, stipendi in ritardo e banche insensibili il risultato è di quelli impietosi: fuori, per esempio, i cento anni del Treviso, fuori, tra le altre, una coppa Italia del Venezia.
In particolare colpiscono le vicende del club di Ettore Setten. Solo quattro anni fa andava a San Siro per cercare di strappare un punto a Inter e Milan, oggi si ritrova a ripartire dai dilettanti. Nel fiume di parole seguito alla conferenza stampa in cui ha annunciato la «fine» del Treviso, Setten ha puntato il dito sulle scelte di alcuni giocatori della rosa colpevoli di non accettare riduzioni di ingaggio. L’economia insegna che finché tutte le parti in gioco non prendono coscienza di una situazione, è dura invertirla: allo stesso modo, se i calciatori non capiscono che la pacchia è finita il calcio rischia di scoppiare.
Chiaro, tutto diventa più difficile per le piccole società. Come nel mondo reale, i grandi devono solo ridimensionare gli investimenti, i più poveri crollano. Prendete il Venezia: lasciato nel 2002 da Zamparini, che aveva regalato al calcio lagunare gente come Recoba e aveva fatto sognare con le vittorie su Inter (in campionato) e Juventus (in coppa Italia), ha iniziato un lungo e doloroso declino che la salvezza agli ultimi playout contro la Pro Sesto ha solo prolungato fino alla resa di sabato. Su cui non si può apporre l’aggettivo «definitiva» solo perché il Venezia cercherà un tentativo disperato oggi sperando di ripetere i casi Fiorentina e Napoli (salvate per l’importanza dei bacini di utenza).


E nella stessa situazione troviamo Pisa, Avellino, Sambenedettese. Più le defezioni di Biellese e Ivrea. E le difficoltà di Perugia e Pistoiese. Sarà anche il nuovo corso del calcio, ma in questo caso non è sinonimo di progresso.

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