Trevor-Roper psicanalizza le ossessioni del dittatore

Illustrava le mosse future nella guerra contro la Russia, citava Schopenhauer, malediva Churchill, annoiava le segretarie con i racconti dei suoi primi tempi a Vienna, spiegava persino lo scopo della vita, che per lui si riduceva al fatto che i Tedeschi dovevano diventare padroni del mondo. Come capita a ognuno di noi, a tavola, assieme ai collaboratori più fidati, Adolf Hitler rivelava davvero il proprio carattere, i gusti, le idiosincrasie, le piccole ossessioni, i grandi sogni. Mangiando ci si lascia andare, si parla di tutto, si spiega, si giudica. Ecco perché sono così importanti i discorsi che il Führer teneva a tavola. Discorsi meticolosamente trascritti, dal ’41 al ’44, da due fidatissimi funzionari del partito, Heinrich Heim e Henry Picker, sotto la supervisione del capo della Cancelleria Martin Bormann. Il quale, dando forma a oltre mille pagine contenenti lo sbobinamento delle registrazioni, voleva completare l’ambizioso programma già adombrato da Hitler nel Mein Kampf: la sistematizzazione della «filosofia» nazista.
Quel materiale, dopo intricate vicende legate ai diritti d’autore fu pubblicato in volume per la prima volta (e solo parzialmente) nel 1952, in francese! L’anno successivo arrivò l’edizione inglese e poi quella tedesca. Nello stesso ’52 in Italia Longanesi ne stampò una versione «ridotta» con il titolo Conversazioni a tavola di Hitler (mentre nel ’54 fu l’editore napoletano Richter a metterne sul mercato un’altra versione «segreta») fino a che nel 1983 uscì, sempre per Longanesi, la parte delle Conversazioni raccolte da Henry Picker relativamente al ’41-42. Oggi invece la Libreria Editrice Goriziana presenta le Conversazioni a tavola di Hitler 1941-1944 nell’edizione più completa e organica (pagg. 700, euro 38) con l’introduzione («Nella mente di Hitler») firmata nel ’53 da Hugh R. Trevor-Roper, della quale pubblichiamo qui uno stralcio.

È un piccolo saggio che grazie all’interpretazione psicologica del grande storico inglese morto nel 2003 (già agente dell’intelligence britannica, Regius Professor a Oxford, insignito del titolo di «Lord Dacre» da Margaret Thatcher, scivolò infine sui falsi diari di Hitler, che accreditò come veri nell’83) ci spiega il «repellente genio» che si agitava nel pensiero di Hitler. Di cui questo libro è lo specchio.

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