Il tribunale: bambina tolta alla madre, la povertà non c’entra

Dopo che nei giorni scorsi tutti i media italiani avevano parlato di «bambina adottabile perché la mamma è troppo povera» e sul tema avevano dedicato commenti e interventi, il tribunale del minori di Trento, artefice della discussa sentenza di cui sopra, si fa vivo e precisa che «la dichiarazione di adottabilità della minore non trae in alcun modo origine dallo stato di povertà della madre». Parola di Bernardetta Santaniello, presidente del tribunale, che dice anche: «Eventuali difficoltà di natura economica dei genitori trovano soluzione o sostegno in interventi di carattere socio-assistenziale, che non mancano a livello provinciale». La decisione del tribunale, spiega il magistrato, «risulta giustificata da altre valutazioni, che attengono alla storia personale e familiare della madre e del padre» e si fonda sulla legge del 1983 che prevede l’adottabilità come estrema ratio. A giudizio di Bernardetta Santaniello appare poi «preoccupante che, in relazione al caso di specie, non diverso da tanti altri trattati dal tribunale di Trento e da altri tribunali per i minorenni, si siano scatenate reazioni incontrollate, dettate da personali convinzioni ideologiche e sostanzialmente denigratorie del lavoro costante e tenace svolto dai vari protagonisti che, in ambito sociale e giudiziario, cercano sempre in prima battuta di salvaguardare il diritto di ogni bambino a crescere nella sua famiglia di origine».
Per il magistrato «sarebbe utile sapere quanti dei vari soggetti che sono intervenuti in questo dibattito abbiano avuto effettiva conoscenza di tutte le circostanze di fatto che negli anni hanno portato alla valutazione negativa in merito alla compatibilità dei tempi dell’ipotetico recupero delle capacità materne con quelle attuali di sana crescita della bambina e abbiano letto le motivazioni della sentenza emessa».
La presidente del Tribunale dei Minori di Trento evidenzia quindi, in conclusione, il rischio che «una cattiva informazione» possa indurre «tutte le famiglie in difficoltà, meno attrezzate a valutare criticamente il senso delle notizie» a diffidare degli interventi di sostegno «per paura che il servizio sociale e il tribunale possano portare via loro i bambini in modo immotivato e irrazionale».

«Come è comprensibile - conclude il magistrato - si tratta di un settore quanto mai delicato, in cui ogni vicenda merita la massima attenzione e la cui gestione presuppone la capacità di mantenere equilibrio e serenità di giudizio senza facili suggestioni emotive, per poter dare effettivamente voce e rilevanza ai bisogni dei minori».

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