Enrico Lagattolla
Salvare il salvabile. Lallarme, a questo punto, suona così. Se, causa insolvenza, le reti informatiche della Procura sono a rischio paralisi, non resta che dotarsi di pen drive, e memorizzare i dati prima che un guasto li disperda per sempre. La soluzione, caldeggiata dal ministero della Giustizia, rimbalza a Palazzo di giustizia. Da Roma al procuratore capo milanese Manlio Minale fino ai suoi sostituti.
Lo stato dellarte. «Lassenza di idonee e sufficienti infrastrutture hardware - scrive Minale in una circolare datata 23 ottobre e diffusa ieri agli uffici - non permette di effettuare un backup centralizzato dei documenti presenti sui pc in uso per le attività dellufficio». La soluzione. «Appare opportuno salvaguardare in maniera autonoma lintegrità dei propri documenti provvedendo personalmente alla copia degli stessi sugli ormai economici supporti removibili (pen drive Usb o hard disc portatili) il cui costo comunque non può essere sostenuto dallufficio». Tradotto, a ciascuno la sua «memoria di massa», ma pagando di tasca propria. Infine, lallarmante conclusione. «Tale precauzione - chiude Minale - è fondamentale in quanto non si possono affidare, in maniera esclusiva, dei dati importanti a un supporto magnetico soggetto a guasti che potrebbero rendere inutilizzabile il lavoro svolto». Perché - tra le altre cose - a rischio è il Re.Ge, il registro generale informatico su cui si fonda tutta lattività giudiziaria.
Una circolare che è solo lultima tappa di una discesa verso la paralisi del Palazzo. In principio, infatti, è stata la riscossa dei creditori. Venerdì 20 ottobre. Un gruppo di dieci aziende danno lultimatum al ministero della Giustizia: cessazione delle attività di assistenza alle reti e ai personal computer degli uffici giudiziari, se entro il 31 ottobre non verranno ripianati i debiti accumulati in poco più di un anno: 40 milioni di euro per lavori già fatti e mai liquidati. Il black out è fissato per il 2 novembre prossimo. Il giorno dei morti. Forse, non a caso.
Lunedì 23, al tribunale di Milano (ma anche a quelli di Brescia, Trento e Bolzano), arriva una circolare del ministero della Giustizia, direzione generale per i sistemi informatici automatizzati, coordinamento interdistrettuale (Cisia). Oggetto: «Annunciata interruzione dei servizi di assistenza tecnica unificata». Il senso, in sintesi, è che di soldi non ce nè, e vanno adottate soluzioni alternative. «Il Cisia - si legge nel protocollo - ha messo in atto tutte le misure per contenere limpatto di un eventuale blocco totale dei sistemi informatici esterni: attivazione del passaggio di know how dalle ditte ai propri esperti informatici sulla gestione minima dei sistemi; previsione di disabilitare tutti gli account di amministratore detenuti da tecnici esterni; verifica dei back up e sostituzione delle relative cassette di registrazione dati». «Ribadisco - prosegue la nota - trattarsi di misure minime per consentire quantomeno il salvataggio periodico dei dati e il funzionamento giornaliero dei sistemi». E solo «in caso di eventi particolarmente seri», il Cisia «provvederà fornendo istruzioni da remoto alle risorse proprie o degli uffici». Amara, la constatazione. «La nota scarsezza numerica del pur volenteroso personale, la limitata disponibilità del fondo per rimborso trasferte, nonché la vastità del territorio da assistere, rendono impossibile, salvo in casi realmente estremi, linvio alle sedi periferiche di esperti informatici». Chiusura con una preghiera e unavvertenza. La prima, «la collaborazione già richiesta al personale amministrativo».
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