nostro inviato a Monaco
I bianchi in campo saranno dodici, ovvero gli undici svedesoni e lunico viso pallido che sta dallaltra parte: il primo nei sessanta anni di storia della nazionale di Trinidad&Tobago. Christopher Birchall, biondino un po slavatino, è il tipico bianco per caso capitato nellallegra compagnia del calcio caraibico. La mamma nacque accidentalmente sullisola, perché il papà ci trovò lavoro come linotipista. A sei anni la famiglia tornò a Liverpool. E oggi Christopher farà storia. Ecco Trinidad, il più piccolo paese che abbia mai giocato un mondiale. Un milione e 300mila persone che smaniano per il cricket e sopportano il football.
Immaginate cosa devessere sembrato un mondo del genere a Leo Beenhakker, vecchio pirata della panca che ha vinto con Ajax e Real Madrid. Un paese in preda a unossessione che niente aveva in comune con la sua. «Qui pensano solo al cricket. Cosa ci faccio?», si è domandato. Ma la squadra, che aveva perso tre partite di fila, ha cominciato a vincere. Il cammino è stato lunghissimo, il più lungo di tutta la compagnia dei mondiali: 20 incontri, compreso il barrage con il Bahrein e lultimo successo fuori casa. «Storia un po surrealista», ha raccontato Birchall, che più di una volta si è domandato: «Mi accetteranno, unico bianco fra ragazzi neri?». Lhanno accettato. Ed ora a Port of Spain vien considerato uno dei figli che giocano allestero. Tutti o quasi reclutati tra Inghilterra e Scozia, tanto che un giornale scozzese ha un inviato al seguito.
Squadra con una stella pronta ad appendere le scarpe: Dwight Yorke aveva smesso la carriera nel 2001, salvo riprovarci per amore di maglia nazionale. Eppoi quel perticone di quasi due metri per soli 80 chili, Dennis Lawrence, luomo che ha segnato il gol decisivo al Barhein. Gioca in Inghilterra e lo chiamano il «Crouch nero», ma a differenza dellattaccante inglese se ne sta in difesa.
Oggi a Trinidad il calcio è una moda passeggera, ma vissuta con lamore e il cuore della gente caraibica. Nella cittadina tedesca, dove è accampata la Torcida dellisola, è tutto un risuonare di ritmi sincopati e percussioni. Se deve essere festa, che festa sia. Salvo rituffarsi nel cricket, quando arriveranno le delusioni.
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